lunedì 2 maggio 2011

‘ LE BARRICATE DI BARCELLONA’


LA RIVOLUZIONE E’ UNA FESTA PERCHE ’ SI CONTRAPPONE AL GIORNO FERIALE DELL’UMILIAZIONE’.

( Milan Kundera)


‘UN GIORNO UN POPOLO SENZA DIO NE’ PADRONE ACCESE FUOCHI DI GIOIA CON I BIGLIETTI DI BANCA ’.

(Anonimo)

‘L’ATTESA ’


19 luglio 1936 : Barcellona

Quel giorno tutti gli uomini  e le donne che vivevano a Barcellona , percepivano che c’era nell’aria una tensione spasmodica che annunciava che qualcosa di ancora magmatico, dai contorni indefiniti,  ma comunque di totale e di definitivo sarebbe di lì a poco successo .
I fornai avevano infatti già esaurito il pane fin dalle prime ore del mattino. Nessuno, malgrado fosse una giornata calda e afosa con un’umidità che  inzuppava la camicia, era andato a fare il bagno sulla spiaggia di Barcelonete.
Nemmeno uno tra le centinaia di migliaia di operai che si erano sfiniti per anni alla ‘Fabra y Cootier’ o alla ‘Canadiense’, come nelle centinaia di fabbriche tessili che allora cingevano tutta quanta la città, si era presentato al proprio posto di lavoro. In giro non c’era nessuno.
Spariti i ragazzini che durante tutta quanta l’estate vivevano praticamente per strada. Chiuse le edicole , sprangati i chioschi ricoperti dalla lamiera traforata, che li rendono tanto simili a pagode indiane in miniatura. Serrati i lussuosi negozi dell’’Ensanche’ così come le bettole e i caffè del ‘Paralelo’ o le povere bottegucce del ‘Pueblo Seco’. Perfino i lustrascarpe con le loro scatole di legno erano scomparsi  da ‘Plaza Real’ come dalle ‘Ramblas’,inghiottiti dall’asfalto. Soltanto qualche rara massaia con la ‘sporta’ a losanghe nere e marroni colma di cibo, si affannava verso casa.
C’era nell’aria , al ‘Pueblo Nuevo’ come sopra i  microscopici orti  della ‘Torrassa’ e nei luridi vicoli del ‘Barrio Chino’ la stessa elettricità che la città intera aveva conosciuto durante la ‘Semana Tragica’ o in una delle tante insurrezioni che erano state il contrappunto della storia sociale di quella città anarchica e ribelle.
In compenso le strade dove avevano le sedi i sindacati del ‘Metallurgico’, dei ‘Trasporti’e delle ‘Costruzioni’, così come quelle su cui si aprivano gli ‘Ateneos’ che allora punteggiavano tutta quanta la città, nereggiavano di migliaia di persone.
Tutti sapevano che due giorni prima , alle cinque del pomeriggio in punto, il ‘Tercio’ si era sollevato a Melilla e il giorno dopo l’ ‘alzamiento’ si era esteso al Marocco e a Siviglia, da dove già arrivavano notizie che il sangue dei ‘ fratelli fucilati’ nel solo rione di ‘Triana’ era colato fin nel mezzo della città.
Arrivavano per telegrafo le notizie che l’esercito si era ‘alzato’ ancora una volta per ‘…salvare la Spagna dalla sovversione e dall’anarchia’ come aveva detto per radio un generale dall’aspetto pingue e la voce chioccia che si chiamava Francisco Franco. Gli operai, in piazza di Catalunya come sulle Ramblas, si strappavano letteralmente l’un l’altro di tra le mani le copie della ‘Soli’ ancora umide di inchiostro.
‘ A Siviglia i fascisti sparano sui nostri fratelli! A Cordoba i militari si sono sollevati. In Marocco si combatte nelle strade. Chi non compie il suo dovere di rivoluzionario è un traditore della causa del popolo.’ VIVA IL COMUNISMO LIBERTARIO. Gridavano i titoli di quel giornale che allora era per davvero ‘il sale e il pane per tutti gli operai di Barcellona’.
Ma tutti sapevano con certezza che la partita decisiva si sarebbe giocata lì, a Barcellona, in quello che era il cuore industriale di tutta la Spagna. Lì in quella città che deteneva tutti i record economici e dove lo scontro sociale era sempre stato frontale, senza mediazione né sfumatura alcuna. Lo sapevano gli uomini e le donne che chiedevano a gran voce ‘armi’ e che gli anarchici dei gruppi d’azione con il viso distrutto dalle veglie notturne e dalla tensione, cercavano inutilmente di calmare. E lo sapevano anche gli anarchici di Tarrasa come i minatori dell’Alto llobregat, che non a caso già dal giorno prima, erano affluiti numerosi in città.
In tutti i quartieri operai della città, i più conosciuti tra i militanti anarchici davano agli operai le ultime disposizioni.
Durruti ha incitato gli uomini dei Comitati di Difesa di San Martin, San Andres e del Pueblo Nuevo, Garcia Oliver è stato a Sans, Hospitalet e La Torrasa. Ascaso invece al sindacato delle Costruzioni che dà sulle Ramblas, con infinita calma continua a frenare l’impazienza dei tanti compagni che vorrebbero fin da subito attaccare le caserme.
Lo sapevano anche i generali che chi vinceva a Barcellona teneva nelle sue mani la Spagna intera.
La guarnigione della città contava infatti 16.000 uomini , che appartenevano ai migliori reparti delle ‘dependancias’ militari in cui era divisa allora tutta la Spagna e decine di mitragliatrici, con una scorta praticamente infinita di munizioni. Sufficienti per stroncare nel sangue qualsiasi tentativo di resistenza operaia. Gli ufficiali superiori che comandavano le truppe, erano tranquilli e fiduciosi. Tutti loro sapevano infatti con certezza che i rapporti di forza erano assolutamente dallo loro parte. Il piano di battaglia che è stato elaborato dal comandante della guarnigione, il generale llano de Encomienda è semplice. I soldati usciranno dalle loro caserme tra le quattro e le cinque del mattino. Tutte e cinque le colonne ‘punteranno’ sul centro della città, per occupare i palazzi del Telegrafo, la Telefonica, le poste e le stazioni radio. Poi toccherà al palazzo della Generalitat e a quello della Gobernacion .
A quel punto il più sarà fatto. Non rimarrà altro allora che marciare sui quartieri operai e stanare gli anarchici dalle loro tane. Del resto era stato tante volte ripetuto ai soldati che ai primi colpi di cannone, il ‘popolaccio’ se la sarebbe data a gambe per correre a nascondersi nei più riposti e oscuri anfratti . Erano assolutamente tutti convinti che sarebbe andata a finire in quel modo.
Contro i soldati  infatti Companys  e la ‘Generalitat’ che sicuramente temevano un’insurrezione fascista, ma ancora di più una rivoluzione operaia, potevano mettere in campo appena duemila ‘Guardie di Assalto’ e duecento ‘Mossos d’ Esquadra’. Poi c’era la Guardia Civil, all’incirca tremila uomini che nessuna sapeva con certezza da quale parte si sarebbe schierata.
E’ vero bisognava anche mettere nel conto i circa ventimila uomini che la CNT e la FAI avevano organizzato nei ‘Comitati di Difesa ’. Ma tutti sapevano che appena mille tra di loro erano armati, quasi sempre soltanto con una ‘Star’.
Visto che Escofet, il responsabile per l’Esquerra dell’ordine pubblico, che gli anarchici avevano contattato il giorno prima con disperata urgenza, si era rifiutato di distribuire armi agli operai.
Gli uomini della CNT e quelli della FAI avevano allora cominciato a cercarsi le armi dove potevano.
Juan Yague, segretario del sindacato dei trasporti marittimi, aveva assaltato con i suoi uomini i ‘quadrati ’ delle navi alla fonda nelle acque luride del Porto Vecchio, e si era così impadronito di circa centocinquanta fucili. Le armi ‘lunghe’ nelle mani del sindacato e degli uomini dei gruppi d’azione erano in pratica tutte lì. Armi che addirittura la polizia catalana aveva cercato di sequestrare.
Messa in questi termini, non ci poteva dunque essere partita.
Quando le staffette ansanti, portarono la notizia che i soldati stavano uscendo dalle caserme, gli anarchici cominciarono  a saccheggiare le armerie, vennero attaccati i ‘serenos’ e i vigili urbani,  le automobili sequestrate , cariche di operai che correvano ai loro posti di combattimento, cominciarono a scivolare veloci sui viali, clacsonando aritmicamente ‘CNT. CNT. FAI’.
Gli uomini del ‘Chimico’ e quelli del ‘Metallurgico’ tirarono fuori dalle soffitte e dalle cantine, le bombe a mano che avevano fabbricato nelle minuscole officine perse tra i ‘docks’ del porto e un gruppo scelto si diresse verso la caserma di ‘San Andres’ dove, con un’azione praticamente suicida, doveva far saltare con delle cariche di dinamite il portone d’ingresso e mettere così le mani sui trentamila fucili che tutti sapevano essere custoditi nell’arsenale.


‘LE SIRENE DELLE FABBRICHE  CHIAMANO ALLA LOTTA’.


Alle quattro e un quarto del mattino del 19 luglio del 1936 le truppe della caserma del ‘Bruc’ e di ‘Pedralbes’ erano usciti nelle strade dirigendosi per l’ ‘Avenida Quattordici  Aprile’ . Erano diretti verso  il centro della città. Gli operai appostati nelle immediate vicinanze della caserma avevano l’ordine di avvertire gli uomini dei ‘Comitati’ ma di non ostacolare i soldati fino a che questi non fossero stati lontani dalle caserme.
E’ da più di un anno infatti che una decina di uomini che fanno parte di gruppi anarchici che si chiamano ‘Indomables’, ‘Nervio’, ‘Nosotros’, ‘Tierra Libre’ e ‘Germen’, hanno elaborato un accurato piano di difesa della città.
Gli anarchici di Barcellona sono rimasti infatti impressionati dai massacri che hanno subito gli operai di Vienna nel 1934 così  come i minatori delle Asturie. Questi, sia pure ben armati e organizzati nel ‘Fronte Rosso’,  si sono barricati nell’immensa periferia operaia della capitale dell’Austria  o  hanno aspettato i soldati, trincerati nei distretti minerari. Che li hanno fatti a pezzi, contando sulla loro superiorità in armamenti e disciplina.
Il ‘Comité de Defensa Confederal’ aveva stabilito allora che bisognava tirare i soldati nella battaglia di strada, in cui gli uomini della CNT e della FAI sono maestri da sempre. Là dove il fronte è dappertutto e da nessuna parte, e ogni finestra, ogni tetto possono celare un’insidia mortale. Dove la superiorità in armamenti serve a poco. Su un terreno che gli uomini dei ‘Comitati’ che non a caso sono organizzati quartiere per quartiere, conoscono alla perfezione. Gli uomini e le donne dei comitati appartengono quasi tutti alla CNT, alla FAI, alla JJ.LL e alle Mujeres Libres . E quasi sempre sono legati tra di loro da vincoli di amicizia e di familiarità.
Arrivano quasi tutti da quei quartieri su cui non batte mai il sole, dove un proletariato industriale, costretto per decenni a un salario di pura sussistenza, è stato enormemente concentrato per fornire braccia allo sviluppo della città. Dove le ‘pistole’ di Koenig e i poliziotti di Martinez Anido hanno fatto strage. Non c’è infatti un singolo gruppo di case che non abbia la sua croce. In quei quartieri dove tutti si conoscono , dove addirittura vanno a vivere praticamente tutte le famiglie che arrivano in città da una singola provincia. Come hanno fatto gli uomini e alle donne che sono arrivati a Barcellona provenienti da Castellon o da Teruel, che si sono stabiliti in massa al ‘Pueblo Nuevo’ o i ‘murciani’ che si sono accalcati alla Torrassa.
In quei quartieri dove manca tutto e i bambini muoiono ancora di enterocoliti o di rachitismo . A Sants come al Pueblo Seco, al Clot come a San Andrés, a Hospitalet come a Badalona ,  gli anarchici hanno le loro roccaforti.  In quei quartieri dove la CNT ha sviluppato in anni e anni di paziente lavoro, una vera e propria organizzazione molecolare  fatta di ‘Ateneos’ , associazioni , sedi sindacali e gruppi giovanili. Dove il ricordo di Salvador Seguy , di Anselmo Lorenzo e di Francisco Ferrer è custodito con amore nella memoria collettiva degli abitanti. E’ in questi quartieri che la CNT e la FAI , hanno costituito fin dal 1931 dei ‘Comitati di Difesa’,  gli eredi dei ‘gruppi d’azione’ che sono riuscito per cinque anni, dal 1918 al 1923 a reggere i colpi più duri di uno scontro sociale che non ha avuto eguali nel resto del mondo. Ogni singolo uomo dei ‘Comitati’, sa dove c’è un capannone industriale, dove la casa di un compagno in cui trovare sicuro rifugio, dove i vicoli che mettono in comunicazione tra di loro le strade principali .
Ed è su questo terreno che vanno attirati i soldati. Le truppe vanno attaccate di continuo in quei ‘canyon’ urbani rappresentati dalle strade del ‘Barrio Chino’, attardati da barricate mentre procederanno praticamente a tentoni verso i loro obiettivi.
E’ per tutti questi motivi che nessuno deve ostacolare l’uscita della truppe dalle caserme. Presumibilmente ogni soldato avrà con sé non più di cinquanta proiettili. Munizioni che finiranno presto. Allora i soldati saranno incitati a rivoltarsi contro gli ufficiali o comunque a disertare. Il punto è proprio questo. Se i soldati demoralizzati , e scoraggiati cominceranno a disertare, il più sarà fatto.
Il piano dell’insurrezione operaia è stato studiato nei minimi particolari.  Addirittura sono stati costituiti dei nuclei che avranno il compito di tagliare le comunicazioni telefoniche e quelle telegrafiche.  Altri uomini si devono occupare di requisire camion e automobili. La mobilità è infatti fondamentale nei combattimenti di strada.
Il Campo di Calcio dello ‘Jupiter’ in calle ‘Lope de Vega’ al ‘Pueblo Nuevo’ , quello che è il quartiere con la più ramificata organizzazione sindacale di tutta Barcellona, è utilizzato come il punto di incontro da cui sarebbe iniziata l’insurrezione operaia contro il golpe.
Il ‘Comité de Defensa’ del Pueblo Nuevo ha già requisito due camion di una vicina fabbrica tessile che ora sono parcheggiati vicino al campo da calcio dello Jupiter che gli anarchici per anni hanno utilizzato come  arsenale clandestino per i gruppi d’azione impegnati nelle battaglie sanguinose contro i ‘pistoleros’ la polizia di Arleguì. Tra quelli che aspettano nelle vie circostanti, alcuni dei giocatori di quella strana squadra di calcio dai colori sociali bianchi e verdi che, il sabato precedente , ha vinto un’importante partita in trasferta contro l’ ‘Higuera la Real’.
Il ‘Comitato di Difesa’ della Confederazione è riunito ormai da giorni nell’appartamento di Gregorio Jover al 276 di calle Pujades al ‘Poble Nou’. L’abitazione di Jover è stata scelta perché praticamente tutti i membri del ‘Nosotros’ vivono nelle immediate vicinanze. Con il ‘vecchio’ o il ‘cinese’ come tutti chiamano affettuosamente Jover , in quell’appartamento dove una pendola ticchetta con tormentosa lentezza, ci sono Garcia Oliver che vive lì vicino, in calle ‘Espronceda’ al numero 72 , Durruti  che abita a meno di un chilometro al ‘Clot’ , Ortiz che al Pueblo Nuevo, addirittura c’è nato e che ora abita nella strada ‘Independencia- Wad Ras’, Francisco Ascaso che vive con la sua compagna in calle ‘San Juan de Malta’, Ricardo Sanz che ha con sé un mitra cecoslovacco che è riuscito a nascondere alle innumerevoli perquisizioni a cui è stato sottoposto, Aurelio Fernandez e José Pérez Ibanez ‘El Valencia’. Dalle finestre dell’ appartamento si vede il terreno da gioco dello ‘Jupiter’ dove sono  parcheggiati i due camion. Nell’appartamento , una mitragliatrice Hotchkiss, due fucili mitragliatori e numerosi Winchester .Gli uomini sono disfatti dalla tensione . Vegliano infatti , armi alla mano ormai da quattro giorni. Stanno in piedi praticamente a caffè e sigarette. La stessa cosa, in tutta la città, stanno facendo migliaia di uomini che vivono praticamente da giorni nelle stanzette dei sindacati, quei piccoli locali che sanno sempre di rinchiuso e dell’odore del fumo stantio delle sigarette . Sono le cinque del mattino.
‘ Compagni, il comitato di quartiere del rione Sans ha appena telefonato. Le truppe abbandonano le caserme’. La staffetta  è quasi senza fiato.
Le strade Lope de Vega , Espronceda, Llull e Pujades che delimitano il campo dello Jupiter sono  piene di militanti della CNT armati. Una ventina di uomini scelti che accompagneranno gli uomini del ‘Comitato’ nei combattimenti di strada, si precipita ai camion . Ortiz e Sanz montano una mitragliatrice sul tetto della cabina del camion che apre la marcia .
‘ Che facciamo? Aspettiamo le sirene?’ domanda Durruti. All’ improvviso parte, inaspettato, lugubre  e lamentoso, l’ululato delle  sirene delle fabbriche tessili del ‘Pueblo Nuevo’ che chiamano  alla insurrezione. Il segnale si estende agli altri quartieri e alle navi ormeggiate nel porto. Gli uomini del comitato si sono raccomandati in decine di riunioni. Non bisogna per nessun motivo barricarsi nell’illusoria sicurezza dei quartieri operai. Bisogna puntare verso il centro, là dove si svolgerà la battaglia decisiva.
 I due camion bandiere rosso e nere spiegate , seguiti da un corteo di uomini armati che cantano ‘Hijo del Pueblo’ incitati dai vicini accalcati sui balconi, infilano calle ‘Pujades’ verso la ‘Rambla’ del ‘Pueblo Nuevo’, per poi continuare verso ‘Pedro IV’ da lì alla sede delle ‘Costruzioni’ in calle ‘Mercaderes’ e poi al ‘Metallurgico’ e infine ai ‘Trasporti’ sulle ‘Ramblas’.
‘ Gli attivisti anarchici hanno passato la notte nei locali del sindacato, nei comitati, nelle stanze sul retro. Ora affluiscono sul centro cittadino. I gruppi di Sans, Hostafrancs e Collblac. I ‘murciani’ della Torrassa, i membri della CNT della casa Antunez si muovono verso Plaza de Espana e il Paralelo ; loro meta è la caserma dei Pionieri di Lepanto. I lavoratori tessili della ditta la Espana Industrial, i metallurgici della Escorsa e della Siemens, delle lampade a Incandescenza Z che appunto sono in sciopero, muratori e conciatori, lavoratori del mattatoio e spazzini, braccianti e, in mezzo a loro, alcuni cantanti del coro Clavé, sottoproletari delle baracche del Montjuich ed anche qualche pistolero di Pueblo Seco: vengono tutti. Ci sono anche ortolani di Gracia, da sempre rivoluzionari ed anarchici, lavoratori delle filande e dei depositi tranviari ed anche commessi di negozio. E tutti avanzano verso il Cinco de Oros, sulla Diagonale, verso i confini dei loro quartieri., innalzano barricate, sorvegliano le vie di comunicazioni e gli incroci. I sottoproletari del monte Carmelo scendono nella città e si uniscono agli abitanti delle strade ancora in costruzione che si perdono in aperta campagna, e con gli antichi compagni di Poblet e Guinardò , che hanno ascoltato il grande maestro degli anarchici, Federico Urales e conoscono sua figlia Federica Montseny, da quando era bambina. Gli operai della Fabra y Coats y Rottier, i meccanici delle officine della Hispano-Suiza, gli specializzati dello stabilimento meccanico El Maquinista si uniscono ai manovali e ai disoccupati e convergono verso la caserma e l’arsenale di San Andrés, dove sono conservate armi a sufficienza da assicurare loro il dominio dell’intera città. E non dimentichiamo quelli delle fonderie Girona, quelli delle officine elettriche e delle fabbriche di carta , i lavoratori del gas e i chimici di Clot, Provensals, Lacuna e Pueblo Nuevo, che si ricongiungono con la gente di Barcellona, con i pescatori, i portuali, i metallurgici delle officine Vulkan, i ferrovieri della linea del Nord e i gitani di Somorrorstro. Tutti hanno udito le sirene….’( Luis Romero) pag 116 Hans Magnus Enzensberger ‘La breve estate dell’anarchia’.
Anche il più ilota tra tutti gli uomini e le donne di Barcellona sa quanto il dominio delle Ramblas  sia fondamentale. Perché chi tiene questa arteria, impedisce l’incontro dei sollevati fra ‘Plaza de Catalunya’ e le ‘Atarazanas- Capitania’ e allo stesso tempo permette rapidamente attraverso le strade secondarie e strette del ‘Barrio Chino’ e della ‘Ribera’ di andare in soccorso dei combattenti operai della ‘Brecha di San Pablo’ e dell’ ‘Avenida Icaria’.
E’ indispensabile impedire che le truppe uscite dalle caserme possano arrivare al centro della città e si uniscano a quelle sortite dalla Capitania- Atarazanas o prendano il centro nevralgico dei telefoni, del telegrafo, delle poste o della radio.
Un aiuto insperato gli uomini dei gruppi d’azione, lo trovano nei sergenti di artiglieria Valeriano Gordo e Martin Terrer delle Atarazanas che aprirono il portone che dava sulla calle Santa Madrona . I gruppi armati riescono a entrare e a prendere prigionieri quasi tutti gli ufficiali . Però le raffiche di mitragliatrice sparate dal vicino edificio de ‘Las Dependancias Militares’ permettono che il tenente Colubì potesse scappare e prendesse così il comando della resistenza. Le porte degli ampi cortili interni che mettevano in comunicazione le antiche Atarazanas medioevali con l’edificio della Maestranza che dava direttamente sulle Ramblas dove erano situati gli acquartieramenti della Brigata di Artiglieria e  gli appartamenti degli ufficiali , resero possibile che i soldati lì fortificati potessero resistere all’attacco. I fascisti recuperarono il controllo della caserma però gli anarchici nella ritirata , portano via con sé quattro mitragliatrici ,  duecento fucili e varie casse di munizioni. Il fuoco incrociato fra l’edificio delle Dependencias e la parte della caserma delle Atarazanas che dava sulla ‘Rambla di Santa Monica’ , a cui si aggiungevano le mitragliatrici installate alla base del monumento a Colòn le rese inespugnabili. Dato che i militanti dei sindacato della ‘Metallurgia’  e dei ‘Trasporti’ erano andati verso Barceloneta, le forze anarcosindacaliste  che controllavano ‘Plaza del Teatro’ decisero immediatamente l’assalto per portarsi alla ‘Brecha de San Pablo’ con l’armamento preso alle Atarazanas lasciando  il settore delle Ramblas con gli edifici della ‘Dependencia’ e la ‘Maestranza’ delle ‘Atarazanas’ assediati da un gruppo sotto il comando di Durruti con un pezzo di artiglieria maneggiato dal sergente Gordo.









‘I MILITARI FASCISTI OCCUPANO PIAZZA DI SPAGNA E LA ZONA UNIVERSITARIA’.


Verso le quattro e un quarto del mattino, quando la brezza che arriva dal mare porta sempre con sé un po’ di frescura, tre squadroni appiedati del reggimento di cavalleria di Montesa cominciarono ad uscire dalla caserma di calle Tarragona. Furono quelle le prime truppe che sortirono dagli acquartieramenti. Il primo squadrone dopo un iniziale scontro a fuoco di una ventina di minuti con le guardie di Asaltos occupò Plaza de Espana, dopo avere fraternizzato con un’ altra compagnia di ‘asaltos’ che la dovevano difendere .
Nella calle di Cruz Cubierta all’altezza dell’Alcadia di Hostafrancs , il Comitato di Difesa aveva eretto una barricata che sbarrava la strada. Le truppe che erano uscite dalla caserma dei Docks disponevano di due pezzi di artiglieria che avevano posizionato proprio davanti alla fontana del centro della piazza de Espana . I militari tirarono un obice contro la barricata di Hostafrancs che impattò in un piccolo parapetto che era stato alzato all’inizio di calle de Riego. Il proiettile fece otto morti e dodici feriti. Era uno scenario dantesco . Braccia e pezzi di cadaveri scaraventati sugli alberi e sui fili della tranvia. La testa di una donna decapitata fu lanciata settanta metri più avanti. I soldati controllavano così Plaza de Espana e la tennero in loro possesso fino alle tre del mattino.
Il secondo squadrone con una sezione di mitragliatrici a cui si aggiunse un gruppo di militanti di destra furono fatti segno a colpi d’arma da fuoco in Calle Valencia , però riuscirono a conseguire il loro obiettivo che era quello di dominare plaza de la Universidad e occupare le facoltà universitarie sulle cui torri piazzarono le mitragliatrici. Arrestarono tutti quelli che trovarono nella zona, tra cui Angel Pestana, il dirigente sindacale dall’austera figura, a cui dolevano certamente la ferita al capo, alla gola, al petto e a un braccio che erano il risultato di un attentato delle ‘pistole’ della Libre di tanti anni prima , che per fortuna non fu riconosciuto da nessuno . Fino a quel momento, tutto sembrava procedere per il meglio. I soldati poterono fermarsi anche a fumare una sigaretta.
Ma all’improvviso, alla Ronda Universidad  un gruppo armato del POUM che pareva uscire dal nulla, attaccò i soldati . Durante il resto della mattinata i sollevati furono obbligati a ripiegare verso gli edifici dell’ università incalzati da un gruppo di guardie di Asaltos con i quali si erano scontrati e con gente del POUM che aveva occupato il Seminario dal quale sparavano sui soldati che si erano posizionati nei giardini dell’Università.
Completamente circondati , demoralizzati e quasi privi di munizioni, i soldati si arresero alle due e mezzo di notte a un distaccamento della Guardia Civil uscendo nella strada circondati dai civili che avevano tenuto prigionieri fino  a poco prima.

‘ VITTORIA DEGLI INSORTI. IL ‘GENIO’ SI UNISCE ALLA ‘GUARDIA DE ASALTOS’


Dalla caserma dei genieri di Lepanto situata nella Gran Via di Hospitalet de llobregat , era uscita alle quattro e mezzo del mattino una compagnia di ‘zappatori’. I soldati a passo di marcia, arrivarono in plaza de Espana. Qui si ricongiunsero con uno squadrone di cavalleria che dominava il luogo, equipaggiato con diverse mitragliatrici e appoggiato da una mezza batteria di cannoni. A loro si aggiunsero gli ‘asaltos’ lì posizionati che avevano inchiodato sul portone della loro caserma il bando di dichiarazione dello stato di guerra.
Poi , tutti assieme cominciarono a marciare verso la ‘Dependencias Militares’ . Discesero con insultante sicurezza per il Parallelo e calle de Vilà y Vilà fino al ‘molo de Baleares’. Qui si scontrarono con una compagnia di ‘Asaltos’ che arrivava da Barceloneta che fu decimata in pochi minuti, presa tra le mitragliatrici delle  Atarazanas e il fuoco della colonna . Dopo aver lasciato un piccolo gruppo alle Atarazanas, la maggioranza dei soldati si installò alle Dependencias Militares per difendere l’edificio. Anche qui, tutto sembrava procedere secondo i piani stabiliti.
Le forze armate  di Companys aveva perso il controllo del Paralelo, una delle posizioni chiave per la difesa di Barcellona. I fascisti avevano così consolidato la loro posizione ai vecchi magazzini medioevali, alla Dogana e alla centrale elettrica de ‘Las tres chimeneas’ e controllavano anche il paseo Còlon e la parte bassa del Paralelo.
Per spezzare questo controllo e ricacciare i soldati da Plaza de Espana e dalle Atarazanas, gli operai del Sindacato del Legno, e il Comitato di Difesa del Pueblo Seco, alzarono rapidamente una grande barricata fra la Brecha de San Pablo,  El Molino e il bar Chicago.
Comunque  qui gli operai sono costretti sulla difensiva, e questo preoccupa fin da subito i dirigenti operai. Essi sanno benissimo che è nella natura delle insurrezioni operaie quella di andare sempre avanti. Sanno anche che se si diffondono il panico e la demoralizzazione tra i gruppi da combattimento, l’esercito vincerà facilmente. Perché l’entusiasmo è tutto o quasi per una milizia volontaria.E’ per questi motivi che i militanti più conosciuti si mettono davanti ai loro uomini e attaccano, sempre in prima fila, sempre davanti a tutti, prendendo su di sé i rischi maggiori. Del resto la frase : ‘los lideres a la cabeza’  è una delle tante leggi non scritte del movimento. E non a caso molti di loro, di lì a poco , cadranno nei combattimenti di strada; come Enrique Obregon Belmonte; un uomo di trenta anni, dai capelli tirati accuratamente all’indietro e le basette scolpite, un foulard a ‘pois’ bianchi attorno al collo, segretario dei gruppi anarchici di Barcellona. Il messicano muore con una pallottola in piena fronte mentre con i suoi dà l’assalto alla ‘Telefonica’.

‘AL PARALELO IL POPOLO SCONFIGGE L’ESERCITO’.



Il terzo squadrone che era uscito dalla caserma di cavalleria di calle Tarragona, aveva come compito quello di consolidare il dominio sul Paralelo , che rappresenta il punto chiave per la difesa di Barcellona e di collegare la propria caserma con quella della Capitania. E’ al Paralelo , quel grande viale che in realtà non è parallelo proprio a niente, là dove per anni Lerroux aveva imperato assieme ai suoi ‘jovenes barbaros’, che tutti sanno si svolgerà la battaglia più sanguinosa .
Dal Paralelo i soldati possono infatti tagliare in due le Ramblas, e filtrando attraverso le strette vie di San Pablo, Union, Mediodia e Carmen, spingere i combattenti operai verso i quartieri del porto e poi costringerli a una battaglia di posizione che li obbligherà a consumare in pochi minuti le già scarse scorte di munizioni che hanno in dotazione.
I soldati discesero la lunga  strada diritta, muovendosi quasi fossero in una piazza d’armi. Però arrivati all’altezza della Brecha de San Pablo , non riuscirono a superare una monumentale barricata di ‘adoquines’ e di sacchi di terra che disegnava un doppio rettangolo alla metà dell’avenida, perché un’intensa fucileria sbarrava loro  la strada . Sorpresi,i soldati riuscirono soltanto a occupare la sede del sindacato del Legno della CNT in calle del Rosal e la barricata abbandonata dai militanti anarchici quando , seguendo il piano di Mola , i militari erano avanzati, facendosi scudo di bambini e di donne rastrellati nel quartiere. Allora i soldati installarono tre mitragliatrici una di fronte al bar della Tranquilidad, l’altra nelle soffitte dell’edificio collegato a El Molino e la terza nella barricata della  Brecha di San Pablo . Erano le otto del mattino.
Il terzo squadrone aveva avuto bisogno di due ore per prendere la barricata difesa dal Comitato del Pueblo Seco e da operai del sindacato del legno.
Gli operai, anche se si erano dovuti ritirare, seguitarono a sparare sulla truppa dall’altro lato della Brecha, dai terrazzi degli edifici vicini e da tutti gli imbocchi delle strade.
Alle undici della mattina il terzo squadrone era riuscito a dominare tutto lo spazio della Brecha dopo ben cinque ore di combattimenti. L’ intento  delle truppe situate in plaza de Espana di portare rinforzi della Brecha, era stato fermato all’altezza del cinema Avenida dal fuoco a cui li avevano sottoposti fin dall’ uscita dal muro di cinta che dava sul Paralelo e verso Tamarit , gli operai armati del ‘Comitato di Difesa’.
Gli anarchici decisero di attaccare la Brecha,  attraverso il Conde de Asalto . Tutti gli abitanti del quartiere alzarono barricate nelle strade che sboccavano nel Paralelo, per offrire sicuro riparo agli operai che si preparavano a attaccare.
Una decina di asaltos che erano state tenute in ostaggio da un ufficiale che combatteva con i soldati, decisero di unirsi alle forze popolari.
Poco dopo i rinforzi ‘cenetistas’ che arrivavano da plaza del Teatro, dopo aver cercato di assaltare l’Hotel Falcon dove erano stati fatti segno a un intenso fuoco, si diressero verso le Ramblas, attraverso calle de San Pablo, dove il gruppo di Ascaso aveva subito gravi perdite. Contrattano la neutralità dei ‘carabineros’ , rinserrati nella loro caserma e perquisiscono la prigione femminile di Santa Amalia.
Qui addirittura le donne rinchiuse, quasi tutte prostitute e mendicanti , malgrado vengano incitate da quegli uomini dalla barba lunga, impolverati e con gli occhi iniettati di sangue, si rifiutano di uscire dal carcere. Temono di essere riprese e sottoposte in seguito alle più dure punizioni. Bisogna che gli uomini urlino:
‘ Haora mandan los anarquistas. Fuera!’, per farle sortire nella calda notte di Barcellona.
Poi gli uomini, per calle de Las Flores, arrivano fino alla Ronda di San Pablo , battuta dal fuoco dei soldati.
Ortiz, con un piccolo gruppo che portava con sé le mitragliatrici prese alle Atarazanas riuscì ad attraversare l’altro lato della Ronda , costruendo rapidamente una piccola barricata che li poneva al riparo delle raffiche delle tre mitragliatrici installate alla Brecha.
Gli anarchici  sotto una pioggia di pallottole , piazzarono le mitragliatrici nella mansarda del bar Chicago che protessero con le loro raffiche l’assalto frontale contro la Brecha coordinato simultaneamente dalle calle de Las Flores dai lati estremi della calle Aldrada, dal caffè Pay-Pay di calle San Pablo situato di fronte alla chiesa romanica di San Pau, dove Garcia Oliver aveva fatto irruzione con una cinquantina di uomini.
I soldati  si sono messi in copertura dietro il chiosco della frutta presso il cabaret ‘Moulin Rouge’ e sulla terrazza del caffè ‘La Tranquilidad’. Qui aspettano l’attacco degli operai.
‘Già di primo mattino, Garcia Oliver, Ascaso e Durruti si erano incontrati sulle Ramblas. Era stato convenuto che Durruti dovesse attaccare, col suo gruppo, l’albergo Falcon, dalle cui finestre operavano tiratori scelti; in seguito Durruti, una volta risolta la situazione nella piazza del Teatro , doveva avanzare verso il ristorante Casa Juan e lì mettere il posizione le mitragliatrici contro i fascisti che si erano trincerati nella caserma delle Atarazanas e alla Puerta Paz. Dal mezzo delle Ramblas avrebbero controllato tutti i crocicchi del centro storico della città.’ (Luis Romero)
‘Ora, da via Abad Zafont,  Francisco Ascaso coi suoi uomini si avvicina al gruppo di Garcia Oliver. Porta un liso vestito marrone e sandali leggeri, in mano la pistola senza sicura.
‘ Tornano al Moulin Rouge! Ormai sono cotti’
‘ Voi laggiù occupate il tetto della casa dove c’è il bar ‘Chicago’ e teneteli sotto tiro da sopra…’
‘…i soldati continuano a sparare, ma sono già sulla difensiva e non hanno più uno scopo preciso. Sebbene arrivino colpi da tutte le parti, per le strade c’è qualche curioso. Si fermano presso l’ingresso della casa, per trovarvi riparo in qualsiasi momento.
Infine, dal tetto si ode una raffica. Ora da tutti i lati risponde il fuoco delle mitragliatrici, inframezzato dalle piccole detonazioni delle pistole.
‘Viva la FAI! Avanti’
I capi degli anarchici iniziano l’attacco e attraversano il Paralelo. Una donna in vestaglia color rosa, col volto pallido, non truccato, abituato alla luce notturna, alza le braccia al cielo e grida:
‘ Viva gli anarchici’ (Luis Romero)
Il capitano che comanda la truppa assieme ai serventi di una mitragliatrice situata alla metà della Brecha , viene ucciso dagli spari di Francisco Ascaso il meglio posizionato tra tutti gli attaccanti. Che avanzavano correndo allo scoperto. Un tenente che cercava di rilevare il comando  fu ucciso da un sottufficiale della sua truppa. Era quello il principio della fine del combattimento .
Fra le undici e le dodici del mattino il terzo squadrone era stato completamente distrutto e la Brecha de San Pablo ripresa dagli operai.
Mentre Francisco Ascaso saltava d’allegria , brandendo il fucile sopra la sua testa, Garcia Oliver non cessava di gridare ‘l’esercito può essere sconfitto ’.
Nel punto cruciale della città , gli anarchici fra cui Francisco Ascaso, Garcia Oliver, Antonio Ortiz , Gregorio Jover , Riccardo Sanz e i loro uomini , tra cui ‘Quico’  Sabaté che poi due giorni dopo, sarebbe stato tra i tanti che attaccavano le Atarazanas , avevano distrutto l’esercito dopo poco più di otto ore di lotta.
Un ridotto numero di soldati continuarono  a resistere all’interno de El Molino, dove, dopo avere finito le munizioni, si arresero definitivamente verso le due di notte.
E’ più a meno a partire da quel momento, che cominciano a arrivare dai quartieri dell’enorme periferia industriale , le maniche della camicia rimboccate, quasi si preparassero a scaricare un camion, prima centinaia, poi addirittura migliaia di uomini e anche tante donne.
Vengono dai quartieri periferici a pattuglioni indistinti. Gente che non ha mai fatto parte parte né dei comitati, né dei gruppi anarchici, e che spesso non ha in tasca la tessera della CNT.
Alcuni si aggregano ai gruppi da combattimento, formati di solito da cinque uomini , con una Star o una bomba  a mano , come tutto armamento. Seguono capi improvvisati che li guidano a costruire barricate, spesso un semplice cumulo di ‘adokines’, senza alcun criterio strategico. A volte , piccole barricate sorgono in pochi minuti di febbrile lavoro all’angolo di una strada, magari in prossimità di un negozio con la scitta ‘Economicas’ sulla tenda di tela. Sono lontane anche chilometri da dove si svolgono  gli scontri più duri. E’ da queste barricate che si grida ‘Alto! Quin vive’ alle  rare automobili che si avventurano per le strade.
C’era chi gridava a uno degli ‘Asaltos’ di cedergli la sua pistola, perché anche lui voleva combattere, chi caricava specchiere e materassi su un camion per andare a rinforzare le barricate sulle ‘Ramblas’. Chi si offriva per portare al ‘Clinico’ un combattente ferito.
Assieme a loro arrivano anche i lumpen e i ‘lingera’ delle ‘casas baratas’ di Collblanc, Can Tunis, Santa Coloma e di Somorrostro .
Quelli che i ricchi barcellonesi dell’ Ensanche’ come del ‘Paseo de Gracia’ hanno sempre definito sprezzantemente  ‘ los piojosos’.
Non arrivano certo per difendere la repubblica, che conoscono soltanto attraverso le pattuglie di polizia che da sempre rastrellano i loro quartieri. Alla ricerca dei piccoli delinquenti e delle prostitute che si danno per poche ‘pesetas’.
Arrivano per dare una mano ai sindacalisti e agli anarchici che vivono da sempre nei loro  stessi quartieri, e che , in tutti quegli anni, sono gli unici che li hanno in qualche modo difesi e aiutati.
Sono loro infatti che si sono presentati ai cancelli di una fabbrica per intimidire un ‘guardione’ che fa il gradasso con le operaie. Che si sono occupati giù al porto di ottenere una giornata di lavoro più corta, o di fare avere qualche soldo in più a chi scarica dalle navi il salnitro che ti brucia gli occhi e ti fa sanguinare le gengive. Ed è negli ‘ateneos’ che gli anarchici hanno aperto in quei quartieri dagli appartamenti che stillano perennemente l’ umidità, che loro hanno imparato a leggere e a scrivere.  Magari quelle turbe cenciose , vengono soltanto per ‘occupare’ il centro della città rutilante di luci e di vetrine. Per fare vedere che anche essi esistono. Comunque arrivano a migliaia.
E’ impossibile dire quanti di essi parteciperanno alla battaglia di strada. Soltanto dalla ‘Torrasa’ , caleranno sulla città in più di tremila. Anche se poi, nella memoria collettiva, tutti gli abitanti di quei quartieri che sono il frutto della speculazione edilizia voluta da Prat de La Riba, avranno partecipato, in un modo o nell’altro alla battaglia. E in qualche modo avranno ragione.
Sono comunque migliaia gli uomini e le donne che scendone per le strade. Spesso il loro contributo militare è praticamente inesistente , ma comunque il loro apporto risulta essere fondamentale. Perché per davvero , anche grazie a loro, i combattenti operai si muovono veramente come ‘pesci nell’acqua’.
Non c’è infatti praticamente porta di casa che non si apra per far tirare il fiato a un combattente operaio. Lui è sicuro di trovarci sempre qualcosa da mangiare, dell’acqua , una sigaretta. Magari può riposarsi qualche minuto prima di tornare per strada.
Sono le case e i quartieri operai la sicura retrovia per gli uomini e per le donne che combattono quella battaglia, mentre i soldati sono costretti a muoversi in un territorio nemico e ostile. E anche questo contribuirà, e non poco a quella vittoria che sembrava impossibile.



LA FANTERIA ARRIVA A PLAZA UNIVERSIDAD E AGLI SCOLOPI DI SANT’ ANTONIO’.


Il reggimento di fanteria di Badajoz era stato trasferito alla ‘Capitania’ dal generale Llano de Encomienda che passava per essere uno tra i più raffinati strateghi dello stato maggiore dell’esercito spagnolo. Tutti aspettavano il generale Goded che da Palma de Mallorca volava a Barcellona, per prendere il comando della guarnigione che si era sollevata.
All’inizio della Gran Via, la compagnia del capitano Lopez Belda continuò a percorrere  calle Urgell fino al Paralelo dove furono fatti segno a spari e da lì si diressero alle Atarazanas al monumento a Colon e alla Capitania, portando rinforzo alle truppe.
Lopez Belda e gli zappatori, furono gli unici che riuscirono a raggiungere  l’obiettivo che si erano prefissati che nel loro caso era quello di portare rinforzi alle Atarazanas e alla Capitania.
Il resto della colonna comandata dal generale Lopez Amor, si diresse verso la Gran Via , in direzione plaza de Catalunya, mantenendo un intenso fuoco di copertura contro lo squadrone del reggimento di Montesa che aveva occupato piazza della Universidads. Accortosi dell’errore, una compagnia scese per Ronda de San Antonio in direzione della Capitania per arrivare all’altezza del Mercato di San Antonio, fu fatta segno a colpi d’arma da fuoco dai ‘Comitati di difesa’ che non potevano permettere che portasse rinforzi alle truppe che  lottavano alla Brecha. Ai soldati,non rimase altro che rifugiarsi al convento degli Scolopi dove si arresero un’ora dopo, dopo una dura resistenza. Un’altra sconfitta per l’esercito.
A quel punto gli ufficiali che si erano sollevati , cominciarono ad avere i primi dubbi sull’esito finale della battaglia.
Soprattutto non si capacitavano di quello che stava succedendo. Stupiti, registravano le notizie di auto di piazza  che si lanciano a cento all’ora in attacchi suicidi contro i nidi di mitragliatrici. Donne uscite in massa dalle loro case , abbracciano i soldati di leva e li convincono a disertare. Soldati bersagliati da suppellettili mentre attraversano l’incrocio tra due strade. Un gruppo di uomini che lascia partire una scarica di colpi di rivoltella e poi, scompare in uno dei tortuosi e oscuri vicoli del ‘Raval’. Insomma, tutti quegli atti che, decenni dopo gli istruttori americani chiameranno di ‘ guerra non convenzionale. La scoperta per gli ufficiali di trovarsi davanti un nemico che non conoscono né capiscono, una specie di imprevedibile idra dalle mille teste che li sconcerta e che non sanno come affrontare. Leggono negli occhi dei soldati che comandano la muta domanda ‘ che cosa ci stiamo a fare qui?’. E non sanno rispondere.




LA LOTTA IN PLAZA DE CATALUNYA’.


Dopo avere lasciato un reparto in piazza dell’Universidad, il resto della truppa agli ordini di Lopez Amor entrò dal Pelayo e dalla Ronda dell’Universidad in Plaza de Catalunya, urlando : ‘ viva la repubblica’.
Furono allora circondati da una moltitudine curiosa che non riusciva a capire se queste truppe fossero venute a iutare gli operai o stessero dalla parte dei ‘golpisti’. Dopo uno scontro a fuoco con gli ‘asaltos’, apparvero fazzoletti bianchi, cessò il fuoco e guardie e soldati si abbracciarono. La moltitudine, uomini e di donne, compreso anche qualche ragazzino e decine di operai armati , arrivò a disarticolare la formazione della truppa, mescolandosi con i soldati. L’equivoco,  l’indecisione della guardie crearono una situazione incredibilmente pericolosa. La piazza era occupata da reparti degli ‘Asaltos’ , dai militari e da numerosi operai armati che erano arrivati dalla parte delle Ramblas, dalla ‘Telefonica’ e dalla Puerta del Angel. Il comandante Lopez Amor diede l’ordine di chiedere i documenti ai presenti in maggioranza affiliati alla CNT o quantomeno di allontanarli dalla piazza. E piazzare quattro mitragliatrici in quattro punti opposti della piazza: nelle soffitte della Maison Dorèe,  all’hotel Colon e nel Circolo ufficiali. Vennero anche posizionati due piccoli pezzi di artiglieria da 75 mm al centro di plaza de Catalunya. Loper Amor si diresse alla Telefonica con l’intenzione di occuparla e di controllare le comunicazioni. L’iniziale collaborazione degli ‘Asaltos’ propiziata dal tradimento dell’ufficiale al comando il tenente Llop, si trasformò passato un periodo di sconcerto di una decina di minuti, in manifesta opposizione. Lopez Amor, ordinò che i due pezzi d’artiglieria situati alla metà di Plaza de Calalunya sparassero sopra la telefonica. Partirono tre cannonate che furono sul punto di tagliare le comunicazioni. Si generalizzò uno scontro a fuoco dentro e fuori dall’edificio. In quei momenti di confusione un gruppo di guardie  catturò Lopez Amor, davanti al Casinò Militare. Anche le compagnie della Guardia de Asaltos, insieme agli operai armati tennero duro ai pieni alti della Telefonica, alla Puerta del Angel e alle Ramblas.
Calle Pelayo, Vergara e la Ronda Universitaria erano già state prese dai militanti operai .Ai militari non rimase altro che rifugiarsi all’Hotel Colon , alla Maison Dorée e al Casino Militare. Nelle loro mani rimaneva il piano terra e il primo piano della Telefonica da dove resistevano all’attacco popolare  e delle Guardie d’Assalto. Il centro della piazza era terra di nessuno. Con una durissima battaglia di strada, si era evitato che queste truppe potessero attraversare le Ramblas e puntassero verso le Atarazanas , la Capitania o per Fontanella e Portal del Angel, verso il commissariato di via Layetana o il palazzo della Generalitat. La resistenza degli operai aveva impedito inoltre che la Telefonica e le vicine emittenti radio cadessero nelle mani dei fascisti. Gli operai della Telefonica tagliarono le comunicazioni della Capitania con le caserme insorte. Un’altra posizione chiave che l’esercito non era riuscito a occupare. Le forze popolari presero subito il Casino Militar e la Maison Dorée grazie all’intervento combinato delle Guardie de Asaltos e degli operai che avevano attaccato alle spalle i soldati, passando dai tunnel della metropolitana . La resistenza dei soldati che ormai controllavano l’ Hotel Colon che veniva fatto segno a colpi di artiglieria e i piani bassi della Telefonica terminò alle quattro di notte quando si arresero all’attacco tardivo ma decisivo della guardia civil appoggiato dagli ‘asaltos’ e dagli operai che spingevano innanzi a loro i ‘tricorni’, comandati dal colonnello Escobar . Una ingente moltitudine riempiva le cantonate, l’ingresso del metro e le strade vicine. Apparvero bandiere bianche alle finestre del Colon e subito la furia popolare travolse tutto. Tuonò di nuovo il cannone che Lecha aveva portato da Claris. Durruti e Obregon , segretario dei gruppi anarchici della città che morì nell’attacco , lanciarono un attacco massiccio dalle Ramblas . Assiema ai loro uomini, con un attacco frontale, recuperarono i piani bassi della Telefonica. Nello stesso tempo guardie civil e operai armati,davanti a tutti Josep Rovira del POUM, entrarono all’hotel Colon e presero prigionieri gli ufficiali. La piazza era coperta di cadaveri. Anche qui l’esercito era stato sconfitto.
Nella vicina Piazza Arco del Teatro, si installò il Comitato di Difesa della CNT e della FAI.
Da qui gli uomini che lo formavano, mantennero il contatto con i gruppi da combattimento del Paralelo, attraverso le viuzze del Quinto Distretto e , attraverso il Barrio Gotico, con gli attaccanti di Plaza del Palacio. Automobili, tutte con le lettere CNT dipinte con la vernice bianca sulle portiere, facevano la spola tra le barricate. Portavano armi, munizioni, ordini su dove attaccare, informazioni su cosa stesse facendo l’esercito in quel momento.
Erano , quelle macchine nere, dal tettuccio basso, di solito taxi, gli occhi e le orecchie dei tanti combattenti che stavano dietro le barricate. Arrivavano veloci, sempre guidate con meravigliosa noncuranza, si arrestavano in uno stridio degli pneumatici che facevano fatica ad aderire all’asfalto allentato dalla calura di luglio. Si fermavano per pochi minuti, poi tornavano indietro portando con sé qualche ferito e soprattutto quelle informazioni preziose che consentivano agli uomini dei Comitati di sapere sempre cosa fare.


‘I SOLDATI SI RIFUGIANO NEL CONVENTO DELLE CARMELITANE’.


Dalla caserma Gerona o della cavalleria di Santiago, all’incrocio tra Lepanto/ Travesera de Gracia, vicino all’ Ospedale di San Pablo, uscirono alle cinque del mattino tre squadroni, ognuno di cinquanta uomini , tutti a piedi con le mitragliatrici caricate su delle automobili. L’obiettivo era il Cinco de Oros all’incrocio tra il Paseo de Gracia con la Diagonal per poi arrivare a piazza Urquinaona e all’ Arco di Trionfo. Fin da subito furono impegnati in scaramucce durante tutto il cammino per la calle de Lepanto, Industria, paseo de San Juan e Corcega.
Però al Cinco de Oros, li aspettavano alcune compagnie di Asaltos assieme a uno squadrone di cavalleria e  a una sezione di mitragliatrici, appoggiati da una moltitudine di operai appostata nelle soffitte, sui balconi, dietro gli alberi e dentro ai portoni, armati con automatiche e bombe a mano.
All’improvviso sulle truppe che avanzavano senza la precauzione di un plotone di esploratori , si abbatté un fuoco nutrito , producendo un gran numero di perdite fra i soldati e gli ufficiali. Il colonnello Lacas  che dirigeva il reggimento di Santiago si rifugiò assieme  agli ufficiali nel convento delle Carmelitane                                                                    
Con l’aiuto dei frati lo resero inespugnabile grazie alle mitragliatrici piazzate ai piani bassi e nelle soffitte. Il distaccamento della Guardia Civil inviate a combattere i soldati, si unì a loro. Malgrado questi rinforzi, viste le perdite numerose che aveva subito, fu costretto ad arrendersi , dopo avere contrattato la resa con la guardia civil che era rimasta fedele alla repubblica. Cosa questa che avvenne il giorno dopo.
A poca distanza nella confluencia tra Balmes e la Diagonal, mezz’ora dopo dall’inizio dello lo scontro nel Cinco de Oros, quattro camion che procedevano dal parco dell’ artiglieria di San Andrés che trasportavano una cinquantina di artiglieri diretti a plaza de Catalunya, caddero in un’imboscata. Armi e cannoni finirono così nelle mani degli operai.
Ormai la lotta oppone a poche migliaia di soldati sempre più demoralizzati, decine e decine di migliaia di uomini e di donne che sono diretti dagli uomini dei ‘Comitati di Difesa’.
I ‘Comitati’ sono stati creati dalla CNT nel 1931. Sono formati dagli uomini più decisi del sindacato, dei gruppi anarchici, come delle Gioventù Libertarie. In seguito a questi, si aggiungeranno non poche delle donne che fanno parte delle ‘Mujeres Libres’, che vincendo il tradizionale ‘machismo’ presente nel movimento, non  si limiteranno a compiti di sussistenza. Non a caso, la colonna ‘Ortiz’ che uscirà in treno da Barcellona, il 24 luglio del 1936, diretta al fronte di Aragona, sarà formata da circa 1300 uomini e da ben duecento donne.
In pochi anni nei ‘Comitati’, che si configurano come una sorta di ‘servizio d’ordine’ armato, ‘passeranno’ decine di migliaia di uomini e di donne. I loro compiti sono i più svariati. Vanno dal difendere i compagni più in vista che sono sulla lista nera della ‘Libre’, a proteggere i cortei dalle cariche della polizia. Da aiutare le famiglie dei tanti che finiscono al ‘Modelo’ o al ‘Montujic’, a scortare gli avvocati che si occupano della difesa degli arrestati, alle zuffe con i crumiri, a cercare un rifugio sicuro per un compagno che è ricercato dalla polizia , o che ha disertato dall’esercito, o magari organizzare una diffusione clandestina di ‘Solidaridad Obrera’, vietata per l’ennesima volta dalle autorità. A imporre la ‘censura roja’ ai giornali cittadini, quando questi ad esempio hanno scritto che gli anarchici traggono i loro finanziamenti dai tanti ‘tabarins’ che sono attivi in tutta quanta la città.
I ‘Comitati’ possono essere raffigurati come una sorta di ragnatela, ramificata in ogni più riposto angolo della città e di cui risulta impossibile scrivere la storia. Gli uomini  e le donne che ne fanno parte, hanno meso in piedi una struttura orizzontale, una sorta di ‘rete’ misteriosa quanto pervasiva che li ha portati a infiltrarsi dappertutto. Chi entra a fare parte di un ‘Comitato di Difesa’, riceve un soldo, inferiore comunque alla paga giornaliera di un operaio e ne fa parte soltanto per pochi mesi. Poi, ognuno torna al proprio lavoro.Questa scelta mira a far sì che di questa organizzazione, che deve essere sempre considerata una struttura ‘aperta’, entrino a far parte il maggior numero possibile di uomini e di donne, e nel contempo evitare la ‘professionalizzazione’ e la conseguente creazione di una struttura gerarchica che gli anarchici vedono come il fumo negli occhi. Formati di solito da una decina di uomini, che nominano un responsabile, revocabile in ogni momento, sono assolutamente autonomi l’uno dall’altro. Fatto questo che li rende praticamente impermeabili alle infiltrazioni da parte della polizia, che di loro infatti non saprà mai quasi niente.
Del resto anche Francisco Largo Caballero, il leader carismatico di tutti i socialisti spagnoli, è rimasto stupito da quello che ha visto anni prima  a Barcellona. Anche per lui, gli anarchici di quella città ribollente di passioni e di pulsioni, sono in fondo soltanto dei vegetariani umorali che leggono Stirner e che girano sempre con la pistola in tasca. Gente senza teoria né cultura,incapace di organizzare, di programmare qualsiasi cosa. Privi soprattutto di quella ragionevolezza che la lotta politica sempre porta con sé. Lui è arrivato a Barcellona per rianimare l’ esangue manipolo dei socialisti locali. Questi lo portano a parlare in un cinema gremito di persone che lui stupito, scopre essere praticamente tutti uomini della CNT. Molti tra di loro gli mostrano le pistole che portano in tasca, perché nessuno in città ha dimenticato che il sindacato socialista che per tanti anni lui ha diretto, ha assunto dei posti di grande responsabilità nel governo dittatoriale di Primo de Rivera. Il leader socialista riesce a terminare a fatica il suo discorso. Quando lascia il cinema per andare  alla stazione per prendere il treno che lo riporterà a Madrid, si sparge la notizia che alcuni ‘pistoleros’ cercheranno di ammazzarlo lungo la strada.Largo Caballero è scortato da appena tre dei suoi compagni, e per giunta disarmati. Uno di questi si rivolge agli anarchici che stanno sfollando e subito, almeno una cinquantina di questi, tutti armati, scortano Largo Caballero alla stazione. Incolume.
Sono gli uomini e le donne dei ‘Comitati’ che di preferenza si muovono e combattono nei quartieri dove abitano, che sono scesi per primi per strada e che hanno affrontato l’esercito. E che dopo appena un giorno di combattimenti stanno vincendo contro l’esercito.


A BARCELLONETE. BARRICATE MOBILI CONTRO L’ARTIGLIERIA’.


Il reggimento di artiglieria da montagna della caserma dei Docks e di quella della Avenida Icaria, doveva essere la punta di lancia della sollevazione militare. Dalla caserma, assieme ai soldati,  erano uscite due camionette che tiravano i relativi pezzi d’artiglieria e che riuscirono ad arrivare  in plaza de Espana.
Un pezzo collocato al centro del cortile, annunciò con il suo ruggito che l’artiglieria era uscita per strada. Alle sei si organizzò una colonna al comando di Fernandez Unzué che aveva per obiettivo quello di prendere prima il palazzo della Gobernacion e subito dopo quello della Generalitat e spezzare così quello che per i militari sollevati era il cervello della difesa ella città .
Nell’ottobre del 1934 allo stesso comandante , al comando di una sola batteria, era bastato sparare qualche colpo di cannone contro il palazzo della Generalitat per vedere immediatamente sventolare la bandiera bianca che poneva fine alla rivolta catalanista di Companys.
Un aereo aveva già bombardato la caserma prima dell’uscita causando alcune perdite e una certa demoralizzazione tra i soldati e rallentato l’uscita dalla caserma da parte dei soldati. Le tre batterie uscite per strada , non riuscirono a mettersi in contatto con le due compagnie del vicino reggimento di fanteria Alcantara che le dovevano ‘coprire’.
Che le batterie venissero coperte dalla fanteria era scritto in tutti i manuali di tattica militare , visto che i pezzi di artiglieri erano costretti ad avanzare lentamente al centro della strada, tirati dagli animali. Però gli ufficiali non presero nemmeno questa elementare precauzione perché erano fermamente convinti che , al primo colpo di cannone, gli operai si sarebbero dati alla fuga.
A Barceloneta gli abitanti del quartiere, in maggioranza  portuali , si rovesciarono alla caserma degli ‘asaltos’. Volevano armi per attaccare l’esercito.  Il comandante Enriques Gomez Garcia davanti all’imminenza dello scontro, decise di dividere le armi con chi le reclamava Unica garanzia, la tessera di iscrizione al sindacato. La prima batteria diretta dal capitano Lopez Varela cominciò ad avanzare senza difficoltà fino a sorpassare il ponte di san Carlos che tagliava l’avenida Icaria e le vie ferroviarie.
Quando inaspettatamente  un gruppo di ‘Asaltos’ e di operai armati appostati nelle immediate vicinanze della plaza de Toros di Barcellonete , sul ponte, dai finestrini e dai tetti dei vagoni, dai balconi e dalle soffitte più vicine , li prese in un’imboscata, con un tiro incrociato che causò subito numerose perdite.
 Rapidamente si unirono alla lotta i militanti operai del Pueblo Nuevo, di Barcellonete e dei sindacati dei Trasporti e del Metallurgico delle Ramblas.
Le tre batterie si trovarono prese sotto un intenso fuoco incrociato , ostacolandosi l’una con l’altra nell’avanzata.
Lopez Varela cercò di piazzare le mitragliatrici e i quattro cannoni della sua batteria  e cominciò a sparare senza smettere di avanzare verso Barceloneta. Dopo due ore di combattimento , le due batterie che formavano la retroguardia , furono costrette sulla difensiva. Immobilizzati e bersagliati da attaccanti ben posizionati , i soldati dovettero ripiegare sulla caserma, con perdite numerose, in una ritirata caotica segnata del terrore e dallo sbandamento generale.
 I muli carichi di equipaggiamenti , crollarono sotto il fuoco degli operai, soldati feriti vennero abbandonati sul selciato della strada. Addirittura fu lasciato nelle mani degli operai, il carro che trasportava le munizioni.
La batteria di Lopez Varela che già non poteva retrocedere non poté superare la confluenza della Avenida Icaria con il Paseo Nacional chiusa com’era , questa, da un’enorme barricata alta due metri che gli operai portuali avevano levato con gli abituali adokines e sacchetti pieni di terra e anche con legname e soprattutto usando  cinquecento tonnellate di gigantesche bobine di carta scaricata in mezz’ora con i carrelli elettrici dalla nave ‘Ciudad di Barcelona’ attraccato al vicino molo. Punto abituale quello per lo stivaggio dei velieri che trasportavano merci per le popolazioni costiere di Castellon e di Tarragona.
La batteria era fatta segno agli spari di un mortaio e alle raffiche nutrite di fucileria e di mitragliatrice che arrivavano dalla Escuela Nautica e dal Deposito Franco. I militari cannoneggiavano le barricate producendo terribili brecce, però le barricate si riformavano e la moltitudine organizzata e diretta dal ‘Comitato di Difesa’ cominciò a intensificare il suo attacco. La posizione dei soldati si fece insostenibile.
Alle dieci i militari ricevettero l’ordine della ritirata che si trasformò subito in un martirio. Perché mano  a mano che i soldati si ritiravano, le bobine di carta convertite in barricate mobili avanzavano spinte in avanti da operai disarmati , mentre altri ben protetti lanciavano bombe a mano e sparavano senza tregua.
Alla fine , si arrivò all’assalto finale, contro una trentina di soldati, rimasti ancora incolumi. Gli operai saltarono al di là dei pezzi d’artiglieria , agli animali morti , arrivando così al combattimento corpo a corpo. Loper Varela ferito, fu trasportato alla Gobernacion con il resto degli ufficiali fatti prigionieri , mentre i soldati rimasti fraternizzavano con gli insorti. Gli operai si erano impadroniti di numerosi fucili e soprattutto di alcuni cannoni. Non erano ancora le dieci e mezzo del mattino.
La caserma dei Docks era assediata dagli operai che avevano costruito  una barricata collocata a cento metri dalla porta principale. Verso le otto di sera , demoralizzati, sotto il continuo fuoco degli operai , i soldati si arresero a alcuni officiali della Guardia de Asaltos, che  presero in carico i prigionieri. Quella notte stessa , la caserma fu occupata dal comitato di difesa di Barcellonete e del Pueblo Nuevo. Un altro ridotto dell’ esercito che cadeva nelle mani degli operai.


‘IN PIAZZA URQUINAONA: I SOLDATI NON RIESCONO A OCCUPARE LA RADIO’.


Vicino  al ‘Parque de la Ciudadela’, c’erano due caserme: quella dell’Intendenza, fedele alla repubblica , fino al punto che ai suoi soldati, era stato affidato il controllo delle compagnie della ‘Guardia Civil’ che, al comando del colonnello Escobar scesero da via Layetana per prendere ‘Plaza de Cataluna’, e la caserma del reggimento di fanteria Alcantara con gli ufficiali divisi tra i fedeli e i contrari alla repubblica, che mantenevano tra di loro una sorta di curiosa neutralità.
Questa situazione confusa ebbe come risultato che le truppe uscirono molto tardi per strada agli ordini del generale Fernando Burriel.
Una compagnia aveva il compito di soccorrere l’assediata caserma di artiglieria dei ‘Docks’ , compito che si dimostrò subito impossibile davanti all’ opposizione di una moltitudine armata che la respinse fin dentro alla caserma da cui era appena uscita. La seconda compagnia aveva invece come obiettivo l’occupazione degli studi di ‘Radio Barcellona’ , in calle ‘Caspe’ al numero 12.
Arrivata la truppa in piazza ‘Urquinaona’,  i soldati cercarono disperatamente di scendere calle di ‘Lauria’, verso l’edificio dove era la radio. In questo caso i soldati misero una grande determinazione nel tentativo di raggiungere il loro obiettivo. Tutti sapevano infatti con grande precisione che cosa significasse avere la radio nelle proprie mani. Chi poteva controllarla, si sarebbe garantito un vantaggio inestimabile sull’avversario. C’è anche un altro e ancora più immediato motivo che fa sì che i soldati mettano una determinazione particolare nel tentativo di prendere la radio. Le caserme sono infatti completamente isolate l’una dall’altra. Perché gli operai della Telefonica, alla notizia che l’insurrezione è cominciata, hanno subito tagliato le linee telefoniche di tutta quanta la città . Gli ufficiali rinchiusi nelle caserme, dopo un primo momento di sbigottimento, perché non c’è niente di peggio per un esercito che non avere una catena di comando che dia ordini ,sono riusciti lo stesso a mettersi in contatto tra di loro , usando il telegrafo. Il telegrafo trasmette  con un giro complicato che parte dalle varie caserme, arriva in Francia e poi ritorna a Barcellona, portando ordini e dispacci . Per un paio d’ore tutto sembra andare per il meglio. Poi gli operai che occupano il palazzo delle poste si rendono conto di tutto questo. E hanno un’idea geniale. Invece di tagliare le comunicazioni, vi si inseriscono, trasmetto ordini e notizie false che diffondono ancora di più insicurezza e incertezza. E’ per questo motivo, che la battaglia che divampò davanti agli studi di ‘radio Barcellona’ fu particolarmente cruenta.
Però dopo un’ora di duro combattimento di strada, la compagnia era praticamente decimata. Solo un gruppo di soldati riuscì a rifugiarsi all’ Hotel Ritz , dove si arresero appena l’ hotel fu preso a  cannonate da alcuni pezzi di artiglieria di cui si erano impadroniti gli operai.




‘IN CALLE DIPUTACION: I CAMION SI LANCIANO CONTRO  L’ARTIGLIERIA’.



La caserma del reggimento di Artiglieria Leggera n. 7 e il Parque di Artiglieria erano due edifici situati alla fine della calle San Andres di  Palomar. I fascisti organizzarono la difesa congiunta dei due edifici, contando sulla collaborazione di elementi civili nella maggioranza monarchici che reagirono sfavorevolmente all’arringa che il capitano Reinlen  aveva loro diretto e soprattutto al suo  grido finale di ‘Viva Espana e viva la repubblica’.
Nella caserma del Parco di Artiglieria si custodivano trentamila fucili e tre milioni di cartucce , ed era a questo arsenale che mirava la CNT.
Dopo la prima uscita dei quattro camion che erano stati annichiliti all’incrocio Diagonal/ Balmes , si organizzò l’uscita di un secondo gruppo da combattimento che aveva come compito di appoggiare la fanteria del reggimento Badajoz( che si era rifugiato in vari edifici di piazza de Catalunya senza potere più avanzare). Questo secondo gruppo che era formato da una batteria di quattro cannoni arrivò all’ altezza di  calle  del Bruc, alle sette del mattino , dopo un lungo giro di sei chilometri senza trovare resistenza alcuna. All’incrocio tra calle del Bruc e la Deputacion i soldati  furono sorpresi da un gruppo d’assalto formato da operai armati. Lo scontro a fuoco mise sull’avviso le vicine forze d’assalto che proteggevano il Commissariato di ordine pubblico di via Layetana e quelle che vigilavano il Cinco de Oro e piazza de Catalunya, così come le forze popolari che assediavano l’Hotel Colon e la Telefonica. La batteria avanzò per calle Diputacion fino alla calle Claris , però al momento di attraversare la Gran Via  un intenso fuoco di fucileria e di mitragliatrici produsse numerose perdite fra la truppa. Piazzati i cannoni e le mitragliatrici nel quadrato formato da calle Diputacion , Claris, Lauri a e la Gran Via, i soldati cominciarono a  sparare contro la moltitudine che non cessava di raggrupparsi e di contrattaccare. I settanta soldati che formavano la batteria si scontravano con un attaccante molto più numeroso, ben trincerato nelle soffitte, nei portoni e sui balconi e che soprattutto, non cessava nel suo attacco, malgrado gli spari dell’artiglieria. I rinforzi che accorsero in aiuto delle forze popolari erano formate da due compagnie di asaltos e da centinaia di operai che non cessavano di aggiungersi al combattimento. La situazione della batteria ‘sollevata’ si faceva sempre più difficile.
Però dopo tre ore di combattimento la mortalità causata dalle cannonate era spaventosa. I cannoni erano difesi da una linea di mitragliatrici che rendeva impossibile qualsiasi attacco. Le guardie di assalto desistettero dall’ assalto, visto che mancavano dei mezzi adeguati per scontrarsi con l’artiglieria e che un attacco frontale contro le mitragliatrici si sarebbe risolto in una carneficina.
Un gruppo di militanti della CNT  riuscì a risolvere la situazione, con una tattica insolita quanto arrischiata.
Una ventina si uomini si sistemarono sul cassone scoperto di tre camion che furono lamciati a tutta velocità contro la linea delle mitragliatrici. Gli uomini saltarono dai veicoli in corsa e scagliarono contro i soldati i soldati una pioggia di bombe a mano. Fecero così a pezzi la linea delle mitragliatrici che furono subito utilizzate dagli operai contro gli artiglieri.
Alle undici della mattina il combattimento era finito. Mentre gli ufficiali terrorizzati si arrendevano alle guardie, gli anarchici si impadronirono immediatamente delle mitragliatrici e di un cannone che trascinarono a braccia verso plaza de Catalunya. Qui sono stati i camion che hanno risolto la situazione. Del resto i camion paiono rivestire un ruolo fondamentale nei combattimenti di Barcellona. Li hanno usati fin dall’inizio gli uomini del Comitato di Difesa Confederale e i venti uomini che li hanno accompagnati fin da subito nei primi scontri armati. Sono stati addirittura usati come una sorta di ‘ufficio mobile’, di quello strano stato maggiore che ha diretto la battaglia di strada.
Le fotografie ne hanno immortalati decine e decine. Ci sono camion che scaricano adokines davanti alle  barricate, altri di modello vecchio, quelli con il ‘parabrise’ che si apre manualmente verso l’esterno, e il predellino tanto ampio che può ospitare un combattente in piedi, passano così carichi di uomini che gremiscono anche il tettuccio del guidatore, da fare strisciare il cassone sul semiasse. Uno è addirittura stipato da uomini, tutti vestiti uguali, con le giubbe da lavoro e il basco bene calcato in testa perché il vento della corsa non lo faccia volare via.
Un altro, è letteralmente sommerso di uomini sbracciati e festanti, una ragazza ritta all’impiedi sul predellino di fianco all’autista che sorride composta, ci sono così tante persone su quel camion che in pratica puoi distinguere praticamente soltanto la targa M-39953 , posizionata sul radiatore e i grandi fanali. A seconda dell’espressione di coloro che si affastellano sui cassoni dei camion, si capisce subito quando la foto è stata scattata. Perché i camion che prima hanno portato uomini e donne al combattimento, già a partire dalla mattinata del venti luglio, vengono usati per fare partecipare tutti a quella festa che sta per incominciare.