domenica 17 aprile 2011

L'IMPRESARIO ANARCHICO



Parigi 18 ottobre 1975

Nella caffetteria 'Europa' , nel quartiere di Belleville, non lontano dal Pére Lachaise, in quella fredda e umida mattina di ottobre, una di quelle mattine che Parigi conosce da sempre, quando i venti oceanici provenienti dalla Manica, portano nuvole gonfie di pioggia, si svolge tra due uomini un dialogo  surreale, da film 'noir' degli anni '60.
'Qui o fuori?'
L'uomo più vecchio si guardò intorno in quel piccolo locale accogliente che profumava di caffè alla cicoria.
'Fuori. Qui ci sono degli amici che non voglio mettere in pericolo'.
Appena furono usciti per strada, l'uomo più giovane cominciò a sparare a bruciapelo contro quel vecchio robusto che schiantò al suolo.
Poi, a passo spedito, ma senza affanno alcuno, si diresse all'entrata più vicina del metro.
I poliziotti che accorsero sul posto, non fecero fatica a riconoscere quel cadavere che si raffreddava sul marciapiede. Era più di trenta anni  infatti che davano la caccia a quell'uomo e la sua foto segnaletica era diventata familiare e conosciuta a tutti gli uomini in uniforme.
Ma, a questo punto, se fossimo in un romanzo dell' '800, bisognerebbe porre la domanda seguente :
' Chi era Laureano Cerrada Santos?' . In questo modo si chiamava infatti quel vecchio steso sul marciapiede, che era stato nell'ordine anarchico, spagnolo, ma soprattutto  il più incredibile falsario nella storia del movimento anarchico di tutti i tempi.
Della vita di Laureano, si sa poco, almeno sino alla fine della seconda guerra mondiale.
Era nato a Miedes de Atienza , un piccolo paese in provinvia di Guadalajara nel 1902. Fuggito dal suo 'pueblo' per evitare quei 'caciques' che impazzavano nei latifondi di tutta la Spagna, era arrivato a Barcellona.
Per vivere diventa 'peon de vias' , fa in tempo a vivere gli ultimi bagliori del 'pistolerismo' e intanto frequenta l 'Ateneo di José Alberola, amico del 'Noy de Sucre' e padre di Octavio, uno dei migliori storici del movimento.
E' tra quelli che danno l'assalto alle 'Atarazanas' e subito dopo, viene nominato dalla CNT amministratore della 'Caja Central' delle Ferrovie catalane. E malgrado questo incarico e la critica incessante che Laureano dispiega contro la svolta 'ministerialista' della CNT, trova anche il tempo per fondare delle colonie per i bambini rimasti orfani prima di arruolarsi  nell' 83 BTG, ex 'Columna de Hierro'.
Anche lui, come centinaia di migliaia di altri, passa i Pirenei nel gelido inverno del 1939 e come tanti altri finisce in un campo di concentramento della Repubblica Francese prima e nei battaglioni di lavoro della Todt poi.
Deportato in Normandia , a lavorare al Vallo Atlantico, è su quelle dune sabbiose che Laureano inizia la sua 'carriera'. Scappa infatti , dopo appena pochi giorni , dal campo di lavoro dove è stato rinchiuso, dopo avere falsificato con le sue mani un permesso della Komandatur.
Da quel momento in avanti, praticamente per tutto il resto della sua vita, Laureano vivrà utilizzando dei documenti falsi, anche perché si è scoperto un talento innato per la falsificazione di qualsiasi documento, biglietto da banca o altro.
Laureano comincia fin da subito a falsificare di tutto: permessi di lavoro, salvacondotti per centinaia di ebrei, che riusciranno così a scampare la deportazione nei campi di sterminio, tessere per il razionamento, reichmarks. E dopo la Liberazione: passaporti, fondi di investimento, buoni del tesoro e biglietti della lotteria nazionale. Falsifica anche i biglietti per accedere a una corrida che si tiene nella  'Plaza de Toros' di Nimes, a cui lui assiste dall'alto di una terrazza inondata dal sole.
Non c'è nulla che non sappia falsificare alla perfezione quell'uomo che una foto segnaletica della polizia francese mostra precocemente stempiato, pesanti e scure borse sotto gli occhi, il naso irrimediabilmente 'stortato' da qualche colpo brutale. Vestito con un elegante abito scuro, in camicia bianca e una cravatta di colore argento. Un uomo che guarda distaccato dritto dentro l'obbiettivo, quasi la cosa non lo riguardasse.
E' anche un uomo di poche parole Laureano Cerrada Santos che ha impiantato un laboratorio per la falsificazione  di documenti ad appena quindici metri dal comando generale delle SS di Parigi. Infatti, quando i suoi amici stanno violentemente litigando tra di loro e perdono del tempo prezioso, Laureano spalanca una finestra e perfidamente dice:
' Gridate. Gridate ora ! Visto che siete tanto coraggiosi!'
Poi, in un sepolcrale silenzio richiude quella finestra che dà sul cortile dove le SS si preparano ,mentre tutti si stanno rimettendo al lavoro.
E' con il 25 aprile del 1945 che Laureano si ritaglia un posto definitivo tra i resistenti alla dittatura franchista.
Nell'inverno del 1944 infatti, quando i 'tanks' americani 'puntano' su Parigi, Laureano  partecipa a un 'plenum' dei gruppi da combattimento degli anarchici. Bisogna pianificare la lotta armata contro Franco, anche perché appare ormai chiaro che gli 'Alleati' non hanno alcuna intenzione di abbattere il regime franchista come hanno per anni solennemente dichiarato, guadagnandosi così l'aiuto disinteressato e generoso, da parte degli esuli spagnoli, nella lotta contro Hitler.
Il dibattito sulla strategia da adottare, come sempre da costume tra gli anarchici, ha suscitato posizioni contrastanti. C'è chi propende per dare impulso alle 'agrupaciones' che già operano un po' in tutta la Spagna, chi insiste  per infiltrare 'commando' bene addestrati dai Pirenei, chi ancora vuole invece passare alla guerriglia urbana.
Su una cosa tuttavia sono tutti d'accordo, Laureano si deve occupare del finanziamento e lui il problema di dove andare a prendere i soldi che servono, lo risolve a modo suo.
Il venticinque aprile del 1945 infatti, assieme a due altri compagni dei quali si è perso il nome, arriva a Milano, proveniente dal sud della Francia. I tre sono riusciti miracolosamente ad evitare le truppe tedesche in ritirata lungo il passo della Cisa e a non incappare in uno dei tanti posti di blocco che le Brigate Nere hanno disseminato in tutta la pianura Padana.
L'obiettivo che ha in mente Laureano, non è quello di partecipare all'insurrezione armata che i partigiani stanno per scatenare in tutto il Nord Italia. Lui vuole mettere le mani sui 'clichées' delle banconote da cinquanta e da cento pesetas che Franco per anni ha fatto stampare in quella città che  è la vara capitale della Repubblica Sociale Italiana.
Nella sua azione, viene aiutato da alcuni tra i partigiani toscani che fanno parte della brigata anarchica 'Malatesta-Bruzzi', la più numerosa e anche la più dimenticata tra tutte le brigate partigiane di Milano e che ha nelle case a ringhiera della 'Affori' operaia una delle sue roccaforti. Quasi certamente, Laureano è stato messo in contatto con loro da Germinal Concordia, il nome che questi porta è tutto un programma, il robusto uomo dall'ingannevole aspetto pacioso, che ha preso il comando delle Brigata, dopo la morte di Pietro Bruzzi che l'aveva fondata.
I partigiani toscani che aiutano Laureano, sono militanti abili e sperimentati, gente su cui fare affidamento a occhi chiusi. Vengono quasi tutti dalla città-fabbrica di Piombino, una della roccaforte del sindacalismo rivoluzionario, dove da tempo immemorabile si lavorano i minerali ferrosi che arrivano dalle dirimpettaia Isola d'Elba. Hanno conosciuto la disperata fame della Maremma, poi hanno lavorato per anni all' 'Ilva' e alla 'Magona'.
Hanno fatto parte degli Arditi del Popolo di Argo Secondari, che morirà in manicomio, dove è stato rinchiuso perché le randellate dei fascisti gli hanno irrimediabilmente lesionato il cervello. Loro si sono opposti , armi alla mano, alle squadre fasciste, che per anni sono state alla larga dalla loro città che cadrà  ultima roccaforte operaia nelle mani delle camicie nere. Malgrado abbiano da sempre in sospetto i 'politici' di ogni colore, si sono offerti di proteggere Antonio Gramsci quando sono venuti a sapere che il segretario del Partito Comunista è stato minacciato dai fascisti.
Lasciati soli, sottoposti a continue perquisizioni da parte delle Guardie Regie e dei Carabinieri, ammoniti, beffeggiati di continuo, hanno dovuto abbandonare Piombino assieme alle loro famiglie e si sono trasferiti nelle periferie industriali delle grandi città  del Nord .
Se ne contano infatti alla 'barriera Nizza' e alla 'Milano' di Torino, come alla Bovisa, il quartiere su cui ristagnano sempre i fumi delle ciminiere della Montecatini . Si sono stabiliti anche a Sesto San Giovanni e negli altri quartieri sorti attorno alle grandi fabbriche delle città del triangolo industriale.
Quelli che vivono ad Affori, lavorano alla 'Carlo Erba', la fabbrica chimica con l'altissima ciminiera in mattoni rossi che allora contava più di seimila operai e in anni di fascismo trionfante, hanno mantenuto vivo un sotterraneo dibattito con i loro colleghi di lavoro.
Gli operai lombardi, specie quelli che arrivano dalla Brianaza, li chiamano affettuosamente 'magazin de parol'. Loro citano in sala mensa i testi sacri dell'anarchia e pronunciano alla toscana i titoli dei libri del principe Kropottine, le frasi più riuscite di Bakuninne. Quando poi parlano di Pietro Gori, il poeta dell'anarchia che è praticamente un loro compaesano, si illuminano tutti. Ma i 'toscani', non si sono soltanto limitati a trasmettere i rudimenti di una cultura laica e libertaria. Sono loro che assieme a qualche reduce della rivoluzione spagnola, a Torino come a Milano, hanno messo in piedi i primi Gruppi di Azione Partigiana che hanno assestato del colpi micidiali ai tedeschi e ai fascisti. Sono riusciti infatti ad ammazzare tra i tanti a Milano, Aldo Resega, il capo delle Brigate Nere, a cui i fascisti hanno poi dedicato una truculenta canzone.
Quella mattina del 25 aprile, Laureano viene scortato da un gruppo da combattimento della 'Bruzzi' al vuoto palazzo della Zecca, si impadronisce dei 'clichées', torna in Francia, a Parigi, e va a vivere a Belleville, il quartiere che da sempre ospita e protegge i proscritti e gli esuli di tutto il mondo.
Qui comincia a stampare banconote da cento e da cinquanta pesetas che subito distribuisce a tutti i gruppi da combattimento.
Il suo obbiettivo è però ancora più ambizioso. Laureano vuole infatti ' inondare' la Spagna intera di vagonate di 'pesetas' per dare così un colpo mortale alla già traballante economia dello stato franchista.
Spaventati per il progetto di Laureano, che avrebbe indubbiamente degli effetti imprevedibili e potenzialmente devastanti, i dirigenti della CNT in esilio, in modo particolare Germinal Esgleas, che gli uomini d'azione chiamano con una punta di disprezzo : 'El Fraile', gli chiedono di consegnare i 'clichées'.
Laureano, in un primo momento risponde di no perché:
' Il denaro serve per la rivoluzione. Voi lo volete distruggere perché vi fa paura.' Anche se alla fine cede alle pressanti richieste del notabilato 'cenetistas', che infatti subito distruggerà quei clichées diventati tanto pericolosi, come in seguito confesserà José Peitars.
E' a questo punto che Laureano decide di mettersi da solo. Lui è fedele e lo rimarrà per tutta la vita , senza tentennamento alcuno alla Causa, sempre scritta con la lettera maiuscola. Ma non conosce, anzi rifiuta l'obbedienza a qualsiasi organizzazione, se questa opera in modo opposto ai suoi convincimenti.
Del resto, già durante la Guerra civile, contro il parere dello 'stato maggiore'  della CNT, ha cercato di  far evadere Abd El Krim dalla prigione dove lo aveva rinchiuso lo stato francese.
L'intuizione di Laureano è giusta. Se il capo berbero arriverà a Barcellona e la CNT riconoscerà l'indipendenza del Riff, tutte le 'cabile' del 'Sahara' insorgeranno contro Franco. Verrà così sottratta al generale la sua sicura retrovia, da cui fa affluire in Spagna quelle truppe coloniali che saranno decisive nel prosieguo della guerra. Il suo progetto, che avrebbe potuto per davvero cambiare il corso del conflitto, anche se la storia non si fa con i se e con i ma, non avrà purtroppo seguito alcuno.
Comunque con i soldi che ha già stampato e con quelli che falsificherà, Laureano inaugura il 'metodo Cerada Santos'. Aiuto disinteressato a tutti i rivoluzionari che lottano contro Franco, senza chiedere nulla in cambio . E' così capace di collaborare con la 'Defensa dell' Interior', l'organizzazione da combattimento della CNT, e con i gruppi di anarchici ai margini dell'organizzazione, a volte già in rotta con l'organizzazione stessa.
Collabora infatti e aiuta Sabaté, Marcelino 'Pancho' Massana, Facerias e gli altri gruppi di guerriglieri.
Inoltre realizza una impressionante rete di hotels e appartamenti dove i ricercati possano trovare sicuro rifugio, officine per la riparazione delle armi, depositi clandestini. Come quello di cui è responsabile Rafael Aguilera che nasconde armi e esplosivi all'interno del teatro 'Alhambra-Maurice Chevalier di Parigi, dove lui fa il manovratore di scena. Armi che quasi costano la vita a Lucio Urtubia, incaricato di tenerle manutenzionate. Infatti, proprio mentre lui sta lubrificando una vecchia 'Mauser' automatica, l'arma gli sfugge di mano , cade per terra , parte un colpo che soltanto per miracolo non castra il navarro.
Laureano dispiega un'attività febbrile che lo porta a contatto tra i tanti altri con Luis Andres Edo, che è morto a Barcellona il 14 marzo del 2009, dopo una vita lunga e intensa e con José Palacios della Commissione di Difesa della CNT. Quello che  Eduardo Quintela, il brutale commissario della 'Brigata Politico Social' di Barcellona, chiama ' il nemico pubblico numero uno'. Due tra i tanti 'apaches' del movimento,due avventurieri della specie più nobile, dei pazzi. Quelli che pensano che l'umanità può salvarsi, o quanto meno merita la pena di vivere per provarci.
Nel 1947 Laureano acquista una lancia a motore con cui porta armi e rifornimenti ai gruppi che combattono contro Franco , in Spagna.
Poi, mette in piedi l 'Empresa de Trasporte Galicia' in vista dell' 'Operacion Panico' che prevede l'uccisione dell'arcivescovo e del governatore di Saragozza e soprattutto l'eliminazione del Caudillo.
E' con l'abortita 'Operazione Pescatore d'acqua dolce', che Laureano si ritrova nel mirino della polizia francese. Infatti nessuno, nella logica degli stati, può permettersi di attentare alla vita di un capo di governo neanche se si tratta di un tiranno sanguinario come Franco che ha preso il potere e che soprattutto lo sta mantenendo attraverso un vero e proprio bagno di sangue.
Così per Laureano, nel 1950 si spalancano le porte della Santée. L'accusa contro di lui, che è arrivato incensurato incredibilmente a quarantotto anni suonati , che gli eleva il giudice istruttore , è 'detenzione di monete false'. 
Rimane dentro un anno e nel frattempo la polizia e i servizi segreti smantellano il 'reseau' che Laureano ha creato in tanti anni e con tanta fatica, compreso in rinvenimento nell'autodromo di Guyacourt dell'aereo usato tre anni prima per cercare di ammazzare Franco.
Laureano è appena uscito dal carcere che cercano di incastrarlo nell' 'affaire' del fallito assalto al treno postale di Lyon.
Un 'affare' dai contorni oscuri , un tentativo di rapina che si è concluso tragicamente con tre anarchici stesi sui binari della stazione, crivellati di colpi assieme a due poliziotti.
E' il pretesto questo che la polizia aspettava per 'ripulire' il mondo dei rifugiati da tutti gli indesiderabili
Decine di anarchici infatti, senza prova alcuna sono sbattuti in galera. Tra gli altri José Peirats e Sabaté che in prigione viene torturato selvaggiamente, tanto che cerca di suicidarsi.
Cercano di mettere dentro  Laureano, anche se tutti sanno quanto lui sia assolutamente contrario ai sequestri di persona e alle rapine.
I sequestri di persona infatti lo ripugnano; perché secondo lui, nessuno per nessuna ragione può togliere la libertà a un altro essere umano e le rapine in banca vanno evitate, perché  diffondono demoralizzazione tra gli uomini dei 'gruppi' che temono, in caso d'arresto di essere identificati come semplici 'atracadores'.
Il tentativo di incastrarlo evapora come nebbia al sole, tanto che Laureano nel 1951 partecipa a un congresso della CNT.
La foto, l'unica altra che di lui si conosca, lo ritrae in un gruppo di  sei persone. Cinque uomini e una donna, Federica Montseny, dagli inconfondibili occhiali con le spesse lenti e la folta capigliatura.
Laureano è il primo a sinistra della prima fila. E' un uomo non alto ma massiccio. Veste un elegante cappotto grigio, slacciato, porta il panciotto e la mano destra negligentemente gli esce dalla tasca dei pantaloni
Di Laureano si conosce un'unica civetteria, quella di vestirsi in modo elegante. Ha imparato a vestirsi bene , da quando ha scoperto che indossare  abiti eleganti ed assumere un'aria innocua e paciosa, rappresenta il migliore tra tutti i travestimenti. Poi a vestirsi bene, ci ha preso gusto. Poca cosa, considerando le somme enormi che per tutta la vita gli passeranno di tra le mani e che faranno nei fatti di lui, il vero 'ministro delle finanze' del movimento anarchico.
Laureano, che in quella fotografia ha un'aria rilassata e soddisfatta, non lo sa ancora, ma quello sarà l'ultimo dei congressi del movimento a cui gli sarà permesso di partecipare.
E' in questo momento che inizia infatti  la fase più amara della sua esistenza.
La dirigenza della CNT, prima lo sospende e poi lo espelle dal   sindacato per 'avere discreditato l'organizzazione e  per i suoi contati criminali', così si legge sul comunicato, freddo e anodino, come sempre lo sono quelli emanati dalla burocrazia.
Che Laureano si sia in qualche modo 'sporcato' le mani con il 'milieu' di Parigi è possibile, anzi, è praticamente certo. Non puoi infatti agire nell'ombra , in quella zona grigia dove si falsificano documenti e si acquistano armi, senza  dover essere obbligato a fare un favore a qualcuno. Senza entrare in contatto, che ti piaccia o meno con la 'mala' organizzata che del resto è sempre pronta a venderti.
Da che cosa fu determinata l'accusa che i 'papaveri' della CNT elevarono contro Laureano? In fondo soltanto dal desiderio, da parte dei dirigenti del Movimiento Libertario Espanolo di tirare il fiato dopo tanti anni di inconcludente attività, di cocenti delusioni, la voglia di non avere più sul collo la polizia francese, di non essere più sottoposti a continue perquisizioni e ad altrettanto continue convocazioni nei commissariati. Fatti questi che, uniti alle minacce pressanti di essere rimpatriati a forza,  impediscono di condurre un' esistenza normale. In fondo quegli uomini e quelle donne, che pure avevano per davvero ' messo fuoco ai palazzi e alle chiese' si vogliono liberare di chi non ha ancora rinunciato, di chi magari tra dubbi, incertezze ed errori, continua a battersi.
Laureano finisce ancora in carcere, a Evreux , sempre per falsificazione di documenti. Esce e entra dal carcere per tutti gli anni '50, perché  ormai la polizia francese gli tiene il fiato sul collo.
Così, viene di nuovo arrestato nel 1958 per avere falsificato dei marchi tedeschi. Nel frattempo, ha cercato , con certosina pazienza di rimettere in piedi la sua 'rete’, ma i risultati questa volta sono stati scarsi.
I compagni sono stanchi di quella lotta che pare non avere mai fine. Inoltre , stanno invecchiando in quell'esilio che ghiaccia loro l'anima. E poi il 'verdugo', anzi il 'cabron', come gli esiliati chiamano sempre Franco, non è mai apparso tanto forte come in quegli anni. Anni che portano soltanto le notizie che, al di là dei Pirenei, gli uomini della resistenza cadono uno dopo l'altro in una lotta diventata ormai disperata e diseguale con la Guardia Civil.
Una generazione intera si è consumata in una lotta che dura ormai da decenni, e il ricambio non c'è stato . I giovani infatti, anche quelli che sono figli di compagni, sono tutti presi dai miti del consumismo che annuncia con orgoglio che la Francia, come del resto l'Europa intera, si è ormai allontanata definitivamente dalla seconda guerra mondiale.
Quando ormai, anche Laureano come tanti altri, appare incamminarsi verso una pacifica pensione, scoppia inaspettato il 'Maggio' e il vecchio anarchico a quasi settanta anni , 'torna in pista'.
Quei ragazzi  sono tanto diversi dai 'braceros' andalusi e dagli operai di Barcellona ,che lui ha conosciuto tanti anni prima, ma hanno anch'essi l'ambizione di cambiare le cose  e  scoprono stupiti che in Francia c'é un mondo che non avevano mai pensato lontanamente  potesse esistere.
Un mondo chiuso in se stesso, impastato dal sapore amaro della sconfitta, formato in gran parte da vecchi che hanno patito le più cocenti delle delusioni, le sconfitte più devastanti, ma che per questo non sono peggiorati, né si sono inariditi, uomini e donne per i quali, le necessità di uno, diventano quelle di tutti. Quei tranquilli signori ormai anziani,  hanno una storia alle spalle. Ché anzi  dopo un'iniziale diffidenza, accolgono fraternamente quei giovani studenti, a cui trasmettono la memoria di qualcosa che è stato grande e forte.
 Come succede a Freddy  Gomez, quando scopre che Nardo Imbernon, un suo vicino, tiene in casa una forchetta d'argento, che ha una storia particolare.
Si era nel 1949 , quando la lussuosa 'Limousine' su cui viaggiavano l'Aga Khan e Rita Hayworth fu fermata nel Bois de Boulogne, dove i due si erano recati per un romantico pic-nic, da alcune automobili. Scesero da queste alcuni individui con il volto coperto che si qualificarono come uomini dei 'grupos de accion de la CNT'. E 'alleggerirono' dei gioielli , della pelliccia e di tutto quello che di prezioso i due avevano con sé.
La forchetta, era poi arrivata per sentieri misteriosi , nelle mani del signor Imbernon che l'aveva per tanti anni custodita con cura.
A Laureano quei giovani piacciono, piace la loro irruenza, la loro mancanza di rispetto per le regole che altri hanno scritto al posto loro, e si mette a disposizione, tanto che, almeno a dare retta a 'Le Monde' del 2 giugno del 1970, finisce ancora in galera per avere falsificato delle patenti e delle carte d'identità. Documenti che dovevano servire a quei ragazzi per tentare di aiutare la resistenza spagnola.
Laureano, questa volta rimane in carcere per quattro anni interi, quando uscì era l'uomo più sorvegliato da parte dell'Interpol.
Sortì dalla prigione appena in tempo per essere ammazzato, anzi per Eliseo Bayo, Laureano , il 18 ottobre del 1975,marciò incontro al suo assassino che certamente conosceva.
Ma chi uccise Laureano ? Per i suoi compagni, Laureano fu ucciso da un commando del gruppo Palladin , un gruppo di mercenari nazisti diretti da Gerhard Harmut von  Shubert che ha 'lavorato' per Peron, con Nasser e in Irak.  Un gruppo di assassini prezzolati che avrebbero agito su incarico dei servizi segreti spagnoli. Perché morto Franco e tornata la 'democrazia' in Spagna, bisognava 'bonificare' l'ambiente dei fuoriusciti, eliminare, o quantomeno rendere inoffensivi tutti i più pericolosi tra i rivoluzionari. E Laureano, quel vecchio uomo di 74 anni era ancora tanto pericoloso.
Per Eliseo Bayo invece, autore si un libro bello e importante 'Atentados Contra Franco', l'assassino di Laureano si chiamava Ramon Benich Canudo, alias Ramon Lerilés, un ex iscritto alla CNT, che in carcere si era legato alla mafia francese. Un 'chulo de putas' conosciuto anche come il ' Caid di Pigalle' che si sarebbe così garantito un posto di tutto rilievo nel gotha della 'mala' parigina, che in quegli anni stava organizzando su base industriale lo sfruttamento della prostituzione e lo 'spaccio' degli stupefacenti. L'omicidio sarebbe stato commissionato a Lerilés , per uno 'sgarbo' che Laureano avrebbe compiuto pochi giorni prima a qualcuno di importante.
Quel che è certo è che Laureano, pochi giorni prima di morire, aveva pagato tremila franchi a Nicolas Reveillard, un giovane avvocato del foro di Parigi, affinché trafugasse dal Palazzo di Giustizia un voluminoso dossier di 1500 pagine che conteneva tutte le notizie possibili sull'attentato contro Franco avvenuto a Donostia nel 1948. Attentato di cui Laureano era stato il maggiore artefice.
Inoltre Laureano, proprio in quei giorni, stava registrando assieme a Eliseo Bayo su un magnetofono le sue memorie di uomo d'azione.
Sia il dossier che le memorie registrate del vecchio combattente, avrebbero rivelato le inconfessabili complicità e gli sporchi maneggi tra il servizio segreto francese  e quello spagnolo, avrebbe evidenziato i legami occulti e sempre negati con la malavita organizzata.
Del dossier su cui Laureano aveva messo le mani, non fu trovata nessuna traccia. Il più grande rammarico per Laureano fu la morte  di Franco , avvenuta nel suo letto .
' La vittoria più schiacciante di Franco , il suo venti novembre, è stato il suo pesce d'aprile'. Ebbe infatti più volte a dichiarare, sempre rammaricandosi di non essere riuscito ad 'aggiustare i conti' con il 'pescatore d'acqua dolce'.
Non gli si conoscono né compagne né figli. Il suo figlioccio, o meglio  ancora il suo erede, fu Lucio Urtubia, l'anarchico navarro che andò vicinissimo a mettere in ginocchio la 'First National Bank', la banca privata più importante del mondo. Ma questa, come si scriveva un tempo, è un'altra storia.
C'è da scommettere che quando Laureano si trovò a dovere attraversare lo Stige, pagò Caronte con un biglietto da banca perfettamente falsificato

LO SCIOPERO DELLA CANADIENSE


 

‘Le notizie della situazione a Barcellona sono molto allarmanti. Lo sciopero della Canadiense è stato esteso alle altre compagnie di elettricità e delle acque. La città intera è immersa tutta la notte nell’oscurità’
( ABC 27 febbraio 1919).

Con queste parole il più importante quotidiano spagnolo, commentava quello sciopero che stava paralizzando da settimane  Barcellona e che all’inizio almeno, era sembrato soltanto una delle innumerevoli vertenze che quotidianamente si verificavano in tutta quanta la città.
Il tutto comincia  alla fine di gennaio del 1919. Infatti quando otto impiegati annunciano alla direzione della ‘Riegos y Fuerza del Ebro’ che vogliono aprire all’interno del loro luogo di lavoro , una sezione della CNT, vengono licenziati su due piedi da Fraser Lawton in persona, il manager inglese che dirige con pugno di ferro la ‘Traction Ligth and Power’ , di cui anche la ‘Riegos’ fa parte e che tutti in città conoscono come ‘La Canadiense’.
La ‘Canadiense’ è stata fondata dal ‘Banco di Toronto’ che ne è anche il proprietario, anche se  è stata materialmente messa in piedi da Fred Stark Pearson che è morto quando, due anni prima, il ‘Lusitania’, il piroscafo su cui si trovava, è stato colato a picco da un sottomarino tedesco.
La ‘Canadiense’ è la più importante azienda che esista a Barcellona, infatti controlla , attraverso gigantesche turbine, alte almeno quanto quattro uomini, mosse da ingranaggi altrettanto smisurati, l’emissione di elettricità in tutta quanta la città ed ha sempre realizzato utili da sogno. Non c’è  abitante di Barcellona che non conosca le altissime ciminiere in mattoni rossi della centrale termica,che svettano sulla città,come un tempo le torri fortificate dei castelli e che simboleggiano in quali mani è concentrato il vero potere, chi comanda per davvero in città.
Per solidarietà con gli otto, e per chiedere la loro riammissione al lavoro, il 5 febbraio 1919, gli altri 117 uomini della ‘Seccion Facturacion’, si recano in corteo alla sede centrale dell’azienda che si apre su ‘plaza de Catalunya’ e a un segnale convenuto, buttano per terra le boccette dell’inchiostro, la carta asciugante e le penne con cui compilano le fatture.
Il governatore Gonzalez Rothwos che è prontamente accorso, promette  agli impiegati che in qualche modo le cose  si sarebbero sistemate e gli uomini accettano di tornare nei loro uffici.
Quando tornano al posto di lavoro, il commissario Francisco Martorell che ha preso il posto di Brabo Portillo, assieme ai suoi uomini, vieta  l’ingresso negli edifici di proprietà dell’azienda , agli uomini in giacca, cravatta, manicotto e colletto rigido di celluloide, perché quello che hanno appena fatto è uno sciopero a ‘brazos caidos’ e annuncia loro che sono stati tutti quanti licenziati.
La notizia vola subito in tutta  Barcellona , tanto che immediatamente altri reparti della ‘Canadiense’  si mettono in sciopero. Due giorni dopo, i licenziati sono già duemila. E Fraser Lawton annuncia che chi si metterà in sciopero verrà immediatamente licenziato e che lui personalmente sarà disponibile a riconsiderare i licenziamenti già avvenuti , solo se gli scioperanti si presenteranno entro  ventiquattro ore al lavoro.
Ed è a questo punto che entra in ballo la CNT che è stata immediatamente contattata dagli uomini licenziati dall’azienda. Il sindacato ha cercato all’inizio un accordo con il manager inglese, ma vista la sua intransigenza , ha subito ordinato ai ‘letturisti’ dei contatori e agli uomini dell’amministrazione di non ritirare denaro dagli utenti, in modo tale da causare un forte danno economico all’azienda.
Lo sciopero dei ‘letturisti’ è totale, va a lavorare infatti soltanto uno tra di loro, un uomo che si chiama Joaquin Barò, che viene ucciso a colpi di rivoltella da tre sconosciuti mentre attraversa calle Calabria, all’Ensanche.
Lawton è profondamente colpito da quello che è successo. Non si aspettava uno sciopero così totale, è inoltre turbato dalla risposta armata, anche perché poi, nessuno, ma proprio nessuno si è presentato per dare informazioni sugli assassini del letturista, anche se lui ha promesso l’astronomica cifra di 10.000 pesetas a chi darà a tale proposito la minima informazione.
Accetta dunque di  incontrare una delegazione di operai,anche se non vuole che sia presente nessun iscritto alla CNT. L’intenzione di Fraser Lawton è trasparente, concedere qualcosa pur di tenere il sindacato fuori dalle porte degli stabilimenti. E’ a questo punto che gli uomini che fanno parte della delegazione si alzano e se ne vanno.
Su ‘Solidaridad Obrera’ viene subito pubblicato un  comunicato  della ‘Luz Y Fuerza’ così si chiama il sindacato degli ‘Elettrici’. ‘Se gli otto non verranno riammessi al lavoro, si metteranno in sciopero tutti gli elettricisti, se non si terrà conto degli elettricisti, sciopereranno i lavoratori degli uffici che stanno alla Elettrica  e se non si prenderanno sul serio nemmeno questi, sciopereranno tutti i sindacati della città e si paralizzerà Barcellona’.
E Salvador Seguì scrive: ‘Se ci superiamo, se prendiamo coscienza  della nostra capacità e ci metteremo in condizione di agire in modo energico, di fare fronte a ogni possibilità di attacco, saremo rispettati e ci imporremo’
Potrebbero sembrare frasi rodomontesche o di circostanza, quali purtroppo , ormai da tempo praticamente i sindacati di tutti i paesi avanzati ammanniscono ai lavoratori che dicono di rappresentare, ma la CNT dimostra fino da subito che cosa significa per l’organizzazione la lotta sindacale.
Il 21 alle quattro del mattino in punto infatti, viene interrotta in tutta  Barcellona l’erogazione dell’energia elettrica e il 23 l’elettricità mancherà in tutta quanta la Catalogna.
In meno di una settimana vengono raccolti per gli scioperanti più di 50.000 pesetas, una somma enorme per il tempo, viene formato un comitato di sciopero diretto da Simò Piera, un giovane anarcosindacalista, quasi un ragazzo che gli uomini della ‘Libre’ cercheranno più volte di ammazzare, comitato che tutti definiranno come il ‘Comitato fantasma’, perché appare ubiquo , imprendibile dalla polizia che ha subito incarcerato il primo comitato di lotta che è stato insediato.
Soprattutto attorno alla lotta della Canadiense, si coagulano le migliori energie della confederazione. Seguì , e come lui anti altri,hanno infatti capito fin da subito che la posta in gioco è molto alta. Infatti quello della ‘Canadiense’ non è uno sciopero qualsiasi, ma un vero e proprio banco di prova in cui si misureranno le forze che i due contendenti saranno in grado di mettere in campo.
I padroni di Barcellona,  hanno realizzato, approfittando della neutralità della Spagna durante la prima guerra mondiale, dei profitti faraonici, vendendo di tutto a prezzi stratosferici, sia agli Imperi Centrali che alla Francia e al Regno Unito. E ora, finita la guerra, tornata la concorrenza dei grandi paesi industrializzati, per continuare ad esportare, vogliono licenziare la metà degli operai delle fabbriche, ribassare i salari e intensificare i ritmi di produzione. Da parte sua il sindacato, per riassorbire almeno in parte la disoccupazione, intende perseguire la strada della riduzione dell’orario della giornata lavorativa.
Così allo sciopero della ‘Canadiense’ partecipano uomini come Evelio Boal che verrà  ammazzato il 18 luglio del 1921. Tipografo e attore teatrale che ha già diretto lo sciopero sanguinoso del Rio Tinto , in quel momento segretario generale della CNT colui che per Buenacasa è lo ‘cientifico’ dell’organizzazione, capace di sviluppare un’attività febbrile, malgrado sia affetto dalla tubercolosi. O come Daniel Rebull che tutti conoscono come David Rey , che nel 1914 fonda la ‘Sociedad de Resistencia de Mecanicos’ di Barcellona, e l’anno dopo fonda ‘Los Trece’  il sindacato delle comunicazioni. O Paulino Diaz del sindacato della ‘Tramwia’, è lui che organizza la pubblicazione clandestina e la distribuzione della ‘SOLI’ che viene stampata in Villafranca de Penedes e poi distribuita clandestinamente in tutta quanta la città, visto che il giornale è stato sospeso d’autorità.
Verranno deportati al castello della Mola assieme a Seguì, Amador, Viadiu, Botella, Barrera, Pinon ,Arin e i fratelli Vidal. Tutti uomini che avranno a che fare, in un modo o nell’altro con lo sciopero della ‘Canadiense’.Quasi tutti loro hanno non più di venticinque anni d’età, ma è da dieci e più anni che fanno parte del sindacato, perché nella CNT si entra spesso quando si è ancora bambini. Perché nelle famiglie operaie non c’è tempo da perdere nel crescere con calma, si va al lavoro quando spesso uno ha compiuto otto o nove anni e ci si affilia al sindacato di fabbrica poco dopo .
Ma anche gli industriali hanno capito che dal risultato dello sciopero della ‘Canadiense’ dipenderà il futuro immediato della Catalogna e anzi della Spagna intera, perché gli scioperanti tra le loro richieste ne hanno fatta una dirompente. Quella per la giornata lavorativa di otto ore, quarantotto a settimana in totale, e se questa verrà accettata, nel giro di poco tempo le otto ore verranno sicuramente estese a tutta quanta la Spagna.
E’ per questo motivo, per evitare quello che per loro è un incubo spaventoso, la giornata lavorativa di otto ore, che in una riunione riservata , le più grandi famiglie barcellonesi assieme ai rappresentanti dell’ordine pubblico e del potere politico , hanno subito accettato la proposta dei militari e di quel gangster sanguinario che risponde al nome del governatore Severiano Martinez Anido: di mettere sotto la giurisdizione militare la ‘Canadiense’.
Il giorno 24 febbraio il Quarto Reggimento del Genio, prende possesso delle installazioni della ditta e subito la luce ritorna in tutta quanta Barcellona.
Non si è ancora spenta la eco degli innumerevoli tappi di Champagne che sono stati stappati  per la soddisfazione al ‘Club della Caccia’ o alla ‘Maison Dorée’ , dove si riuniscono a fare affari i più bei nomi dell’industria barcellonese, che si verificano continue interruzioni  dell’elettricità. Frutto dei continui sabotaggi che gli uomini della CNT praticano su tutta la rete e che vanificano  il lavoro dei militari.
Il 26 ‘partono’ in sciopero gli operai del gas e quelli della rete idrica, lasciando così  Barcellona in una situazione simile a quella di una città del Medio Evo.
Per dare il loro contributo allo sciopero, gli operai dell ‘Arte Grafica’, visto che la ‘Soli’ è sospesa, e non può dare conto delle azioni di sostegno agli operai della ‘Canadiense’,impongono, diretti da Salvador Caracena la ‘censura roja’ ai quotidiani che vengono pubblicati in città. I giornali non escono se non pubblicano anche i comunicati degli scioperanti.
Scendono in sciopero, a sostegno degli operai della ‘Canadiense’, anche gli autisti e i bigliettai dell’efficiente rete tramwiaria di Barcellona. Cinquanta tram vengono incastrati negli scambi del centro della  città e paralizzano per ore il traffico, mentre altre vetture scendono in fiamme dal deposito del Montujic e si arrestano con i freni che sprizzano cascate di scintille, nella cacofonia dei clacson impazziti. E come non bastasse,  in sostegno alla ‘Canadiense’, si   sciopera anche a Sabadell, Villafranca e Badalona.
Ciò che colpisce anche a un lettore superficiale di quei fatti, è la capacità da parte della CNT di coagulare attorno allo sciopero, non tanto le energie dei più conosciuti militanti del sindacato,ma di agglutinare attorno agli operai in lotta, la grande maggioranza degli abitanti di Barcellona.
Infatti la ‘Soli’ è diffusa da un vero e proprio esercito di ragazzini che si sono dimostrati fin da subito intelligenti, coraggiosi e affidabili. Le quote delle tessere, indispensabili per continuare a svolgere l’attività sindacale,vengono riscosse da operai sconosciuti e , quando questi vengono identificati dalla polizia, tocca alle loro donne prenderne il posto. E’ la somma di tanti gesti individuali che farà nei fatti la differenza. E’ vero che la città è abitata al 65% da operai e dalle loro famiglie, come  a dire da gente che è sensibile alla lotta sindacale, perché lo sfruttamento lo prova quotidianamente sulla propria pelle  e che la CNT in città conta forse 350.000 iscritti, e che il ‘sindacato unico’, fondato nel quartiere di Sans l’anno prima e che ha sostituito quello di mestiere , fin da subito si è dimostrato un efficace  mezzo di lotta. Ma c’è dell’altro nella solidarietà che si manifesta quotidianamente attorno agli scioperanti e nell’efficacia delle loro azioni.
Quello della ‘Canadiense’ è il punto d’arrivo, l’aspetto eclatante e maggiormente visibile di un lavoro che gli anarchici e i sindacalisti hanno svolto per anni con pazienza certosina.  
Fin dall’inizio infatti gli anarchici hanno identificato tre diversi ma in qualche modo complementari momenti di intervento: quello sindacale, quello educativo e quello culturale. Quello sindacale da svolgere sul posto di lavoro, fabbrica, laboratorio o ufficio che sia, gli altri due per portare all’interno dei quartieri le istanze di lotta sindacali e proletarie e quelle più generali di liberazione umana.
Gli anarchici sono infatti massicciamente presenti in tutti i quartieri proletari della città, sia quelli di più antico insediamento proletario, come il Raval  e i quartieri del porto,che li hanno visti praticamente nascere, sia in quelli che l’industrializzazione accelerata ha creato negli ultimi dieci anni. Vale a dire , il Clot, Hospitalet de Llobregat, , Santa Eulalia, la Torrassa, la Torre Barò, il Carmelo. Quei quartieri che verranno chiamati di lì a poco le  ‘Casas Baratas’, sempre con la caserma della Guardia Civil al centro, per sorvegliare e reprimere che ci abita.
Soltanto gli anarchici hanno capito che gli abitanti di questi  quartieri abitati all’80% da operai spesso dequalificati  e che per 1/3 sono analfabeti, dove manca tutto e i cui abitanti vivono in condizioni igieniche indegne, tanto che ancora nel 1931 a la ‘Torrassa’ ci saranno due morti per peste bubbonica, dove vivono persone che stanno dentro la città senza farne parte , che si sono costruiti le proprie abitazioni con materiali di recupero ,  sono, oltre che alla ricerca di un salario dignitoso, anche alla disperata ricerca di un’identità sia individuale che collettiva.
Identità che la CNT e gli anarchici forniscono loro, attraverso un fitto reticolo di sedi sindacali, ateneos, centri di studi, biblioteche. Ma anche club sportivi, club di esperantisti, di escursionisti e perfino di colombofili che si sostituiscono alla famiglia e che attuano quella cucitura  tra la classe operaia di origine autoctona e quella di più recente immigrazione. La classe operaia di Barcellona si è infatti formata nella maniera classica, i primi operai sono arrivati in città  dalla campagna e dalla montagna catalana, sono ex vignaioli che la malattia della fillossera ha rovinato o artigiani che sono stati messi sul lastrico dalle produzione industriale. Poi sono venuti dal Levante e infine dall’Andalusia, specialmente da Almeria e dall’arida piana di Murcia. Tanto che la Torrassa verrà subito definita come ‘La Murcia chica ’ e il tram che la mattina porta gli operai al lavoro, è per tutti  ‘El Expreso de Andalucia’. 
Detestati dalla logica ‘catalanista’ che vede in essi degli esseri primitivi che non parlano nemmeno il catalano,e che li ritiene non inseribili per questo motivo nella raffinata cultura cittadina, tanto stupidi che un detto recita che sono stati attirati in città ‘come il cane viene attirato da una salsiccia’, hanno trovato negli anarchici e nei sindacalisti gli unici che li hanno trattati da esseri umani. E’ la CNT che li organizza  sul posto di lavoro, sono gli anarchici che li proteggono dalle continue angherie della polizia che rastrella periodicamente i quartieri dove essi vivono  assieme a ‘lumpen’, alle prostitute e ai piccoli delinquenti e sono i discepoli di Ferrer che insegnano loro a leggere e a scrivere.
Negli ‘ateneos’ che punteggiano tutti quanti i quartieri e nella fondazione dei quali, in un modo o nell’altro sono stati coinvolti i più prestigiosi militanti della CNT, a partire da Salvador Seguì che ha fondato la  biblioteca dell’ateneo sindacalista in calle de Ponente nel 1915, si leggono gli scritti di Tolstoi, Teobaldo Nieva, Juan Montseny, Ramon Sampau, Fermin Salvoechea, Pedro Esteve, e del sempiterno  Anselmo Lorenzo.
Ci si trova fino in quindici  a leggere tutti assieme la ‘Conquista del Pane’’. ‘Uno leggeva per gli altri’ come testimonia un sopravvissuto di quegli anni. Poi, arrivato al punto, il libro, l’opuscolo o il giornale, venivano passati al vicino perché andasse avanti.
E i ‘vecchi’ della CNT, ripetono di continuo ai più giovani, quasi fosse un mantra che : ‘un anarchico Deve essere prima di tutto degno di sé’e che fin da subito , bisogna ‘vivir en anarquia’, senza aspettare il domani, in un vero e proprio processo di educazione che ha successo perché interpreta le loro aspirazioni e soprattutto perché proviene da uomini e da donne che vivono nei loro stessi quartieri, che condividono la loro stessa esistenza.
Ed è in questa ‘seconda periferia’, nata dall’esplosione di Barcellona, dove vivranno negli anni ’30 fino a 400.000 persone  e che verrà chiamata ‘ El cinturon rojo y negro’, che la CNT metterà le sue radici più solide. Tanto che nell’immaginario collettivo le tre parole ‘Torrassa –Murcianos- FAI’saranno tutte indissolubilmente legate . E non è un caso che più di trecento uomini armati la mattina del 19 luglio del 1936 uscirono dalle loro povere abitazioni e assaltarono la caserma della Guardia Civil di San Andres.
E’ nel legame profondo tra CNT e città di Barcellona che appare pervasa in quei giorni di un’ansia febbrile, che risiederà la chiave del successo dello sciopero della ‘Canadiense’.
Il 5 marzo tutti i lavoratori dell’ ‘Elettricità’ , di età compresa tra i 21 e i 38 anni  vengono militarizzati, misura questa che aveva avuto facilmente ragione dei ferrovieri che nel 1912 erano scesi in sciopero , seguendo  le indicazioni del sindacato socialista,e sottoposti così al codice di disciplina militare.
Nel frattempo ottomila ‘somaten’, la milizia paramilitare  attiva nella campagna catalana, vengono fatti arrivare in città  a pattugliare le strade di Barcellona e messi agli ordini di uno dei padroni, acceso fautore dello scontro frontale con i sindacati : Josep Beltran i Musitu.
E tanto per far vedere da che parte stava, il leader indipendentista Cambò si fa vedere per strada al loro fianco e con un fucile da caccia tra le mani.
Ma il bando che annunciava la militarizzazione degli operai, non venne pubblicato sui giornali , come imponeva la legge, perché la censura parallela degli anarchici lo impedì. Solo il ‘Diario di Barcellona’ lo fece uscire. Ma fu multato dagli uomini di Salvador Caracena, e  il direttore del giornale pagò per certo la multa di 1000 pesetas che gli era stata imposta, soldi questi che finirono subito nella cassa degli scioperanti della ‘Canadiense’.
Il 7 marzo i lavoratori si presentarono al distretto militare ma si rifiutarono di tornare al lavoro e vennero così tutti e 3000 incarcerati al Montjuich, mentre il sindacato dei camionisti aveva chiamato i suoi iscritti allo sciopero .
Di fatto la CNT stava preparando uno sciopero generale a tempo indeterminato, dall’esito incerto , nel tentativo di assestare alla controparte il colpo definitivo, ma questa volta almeno venne presa sul tempo dai padroni che attuarono il ‘lock out’, e come un sol uomo , all’ora convenuta, chiusero i loro negozi, i laboratori, le fabbriche mandando così a casa 350.000 operai. Si comportarono in questo modo perché  gli operai che continuavano a lavorare, non potessero contribuire con i loro versamenti alla cassa di resistenza per quelli che erano in sciopero.
Il 13 si dichiarò lo stato di guerra in tutta quanta Barcellona e le truppe, quasi fossero un esercito straniero, occuparono la città che venne divisa in settori , a capo di ognuno di questi fu messo un colonnello o un generale dotato di pieni poteri, mentre i soldati e le Guardie Civil disseminavano di nidi di mitragliatrici le Ramblas e plaza de ‘Catalunya’.
E’ a questo punto che tra gli industriali di Barcellona si diffondono la paura e il timore.
Nessuno tra di loro si aspettava una lotta tanto dura che soprattutto , fino a quel momento almeno, è stata  combattuta dai sindacalisti e dagli anarchici con durezza e intelligenza.
Inoltre quarantacinque giorni consecutivi  di scioperi che hanno attraversato tutta quanta la città, se da un lato hanno portato sull’orlo della fame centinaia di migliaia di persone, hanno messo anche in ginocchio la produzione industriale di Barcellona e tanti tra gli industriali sono ormai sull’orlo del fallimento.
Magari lo sciopero generale che la CNT si prepara a lanciare è destinato al fallimento, come dicono nei corridoi della sede centrale della polizia in via Layetana molti funzionari, e gli operai saranno costretti a tornare al lavoro senza avere ottenuto nulla, ma non si può mai sapere .
Del resto la ‘Semana Tragica’ quando la città è stata sull’orlo di esplodere è appena passata  e il ricordo di quello che è successo dieci anni prima, di quale vulcano sociale rappresenti la città,è ancora vivo nella mente e nella memoria di tutti.
Inoltre , arrivano ogni giorno notizie che preoccupano sempre più. Micro attentati vengono attuati in tutta quanta la città, ora è un deposito di merci che prende fuoco, ora è un negozio che viene devastato, magari da una folla inferocita di donne. Nei mercati , in tanti si rifiutano di servire le mogli dei poliziotti che sono andate a fare la spesa, gli informatori della polizia vengono minacciati pubblicamente. Gli industriali si rendono conto che hanno di fronte un nemico temibile che ha ormai innescato una vera e propria conflittualità permanente, un nemico difficile da capire, imprevedibile e dunque difficilissimo da battere.
Gli industriali , Muntades in testa, si rivolgono all’odiato,almeno a parole governo di Madrid, affinché intervenga in quello che è ormai diventato un ‘affaire’ che riguarda tutta quanta la nazione.
Così il governo del conte di Romanones nomina governatore civile della città Carlos Montanes un ingegnere che aveva lavorato per la ‘Canadiense’, che tutti conoscono come un uomo abile e dotato di buon senso, con un preciso mandato, quello di arrivare alla composizione di quello sciopero che ormai minaccia di travolgere tutto.
Il nuovo governatore civile della città obbligò le parti a riunirsi di nuovo . I sindacati chiesero la riammissione di tutti i licenziati, un indennizzo per le giornate di salario perso , la possibilità di aprire sezioni sindacali all’interno della ‘Canadiense’e soprattutto la concessione della  giornata  lavorativa di otto ore.
Lawton accettava queste condizioni, ma rifiutava la riassunzione in blocco degli operai e sosteneva che bisognava analizzare caso per caso, ma alle nove di sera cedette e il conte di Romanones in persona si rese garante di questo accordo e destituì il capo della polizia come era stato chiesto dalla CNT.
L’ultimo atto dello sciopero della ‘Canadiense’ fu il meeting che si tenne alla plaza de toros de ‘Las Arenas’, affollata da cinquantamila persone a cui vanno illustrati i termini dell’accordo .
Quel giorno le gradinate erano  gremite come non mai e in tanti, alcune migliaia almeno, non avevano trovato posto sugli spalti di quel grande catino.
Tra i presenti serpeggia soprattutto un dubbio, è vero che il governatore civile ha promesso che gli operai rinchiusi al Montjuich verranno scarcerati, ma tutti sanno che Milans del Bosch, il governatore militare della città ha già dichiarato che si opporrà a questa misura . Ci si può fidare o, come sostengono molti, specialmente tra i più giovani, bisogna andare avanti nello sciopero, fino a quando l’ultimo dei compagni non verrà messo in libertà?
E a questo punto che si alza a parlare Salvador Seguì , quello che tutti conoscono come ‘El Noy de Sucre’. Quando  Seguì si levò a parlare , si fece il silenzio. Non c’è praticamente un operaio che non  abbia partecipato a una riunione in cui lui non sia stato presente, non esiste nella Barcellona proletaria chi non si sia incontrato con quell’uomo dalla figura corpulenta, le palpebre pesanti che gli danno l’aria di un grande gatto intelligente, che quando non lavora come imbianchino, ama vestire con una certa ricercatezza. Lui la lezione sul sindacato l’ha imparata dai ‘vecchi’ della CNT che gli hanno sempre detto : ‘Non giocarti mai tutto su una carta sola. Ma se dichiari uno sciopero, assicurati di fare di tutto per vincerlo’. E in compenso non c’è nessun altro che conosca la Barcellona operaia come Salvador, che sappia percepire anche il minimo segnale che proviene da quei quartieri  dove vivono  quelli che in quel preciso momento aspettano le sue parole. E sa benissimo che la classe operaia di Barcellona è esausta .
‘Volete i prigionieri? Adiamoceli a prendere’ e a quel punto indicò con il dito le mura grigie della tetra la fortezza del Montjuich che sovrasta la città, a simboleggiare che non c’era altro da fare, che era stata vinta una battaglia difficilissima e che non si poteva rischiare di vanificare tutto in questo modo.
Gli uomini  e le donne che gremivano la plazas de toros, esplosero in un grido che sapeva di liberazione.
Gli operai rinchiusi al Montjuich vennero messi in libertà nei giorni successivi, ad eccezione di cinque  di loro che rimasero rinchiusi in quelle celle tetre dove in tanti tra gli anarchici già erano finiti.
Per chiedere la libertà dei cinque operai , i gruppi anarchici il 23 marzo lanciarono uno sciopero generale che non ebbe successo, perché la popolazione operaia di Barcellona era letteralmente esausta e affamata, ansiosa di tirare il fiato dopo tante settimane di lotta.
Il giorno dopo l’esercito occupava  la città, prendeva le generalità ai cittadini che si trovavano per strada  e stracciavano  le tessere ai ‘cenetista’ su cui i soldati riuscivano a mettere le mani.
Le garanzie costituzionali furono  espressamente sospese dal governatore per le donne e gli uomini che facevano parte della CNT, come ebbe a dichiarare in un incontro pubblico.
Nell’ultima settimana del mese di marzo venne fondata la Federacion Patronal Espanola il cui primo atto consistette nel dire che per poter lavorare , un operaio,  doveva rinunciare ad iscriversi alla CNT e ognuno di loro doveva negoziare individualmente il proprio salario. E per chiarire cosa intendessero i padroni per relazioni sindacali, comandarono che venisse ammazzato Miguel Burgos, un anarcosindacalista tra i più amati che venne ‘sparato’ alla schiena dai poliziotti il 31 di quello stesso mese, secondo alcuni,  il primo morto fatto da quella ‘ley de fuga’ che insanguinò per anni le piazze e le strade di Barcellona.
Questi due fatti offesero a tal punto gli operai a  che la ‘huelga’ divampò di nuovo. Finalmente lo sciopero ebbe termine il 12 aprile 1919, non prima che il governo del conte di Romanones, il 3 di quello stesso mese non istituisse la giornata lavorativa di otto ore.
Lo sciopero della ‘Canadiense’ si concluse con 3.25 milioni di ore di lavoro perse e fu portato avanti da 156.000 operai. Gli operai che avevano ottenuto le otto ore, nel 1914 erano appena il 13 % , salirono dopo quello sciopero vittorioso al 90 % del 1925.
In ricordo di quella lotta vittoriosa, di quei 45 giorni che rappresentarono una vera e propria epica proletaria, venne composta una canzone  dal titolo ‘Alla Huelga’
‘A la huelga companeros! No Vaya a trabayar.
 A la huelga diez
 A la huelga cien
 A la huelga madre vado per loro e loro per me’così recitava il ritornello, di una canzone sicuramente non bella ma che coglieva alla perfezione quello che era stato lo sciopero della ‘Canadiense’ per tutta quanta la classe operaia della capitale della Catalogna.

L'ARCANGELO LIBERATORE



'Scoppiò quindi una guerra nel cielo. Michele e i suoi angeli combatterono contro il drago'

( Capitolo 12, libro dell'Apocalisse)

Per il colonnello Ramon Lorenzo Falcon, il drago , quel giorno della primavera del 1907, aveva le sembianze di Miguelito Pepe, un ragazzo di appena quindici anni che aveva organizzato lo sciopero degli affitti nei quartieri proletari di Buenos Aires.
Del resto, concludeva fra sé e sé meditabondo  il colonnello, mentre guardava quel ragazzino che si metteva alla testa di una manifestazione formata quasi completamente da donne, armate di scope : 'Anarchici si nasce', pensava e comandava ai soldati di disperdere quella gente sudicia e straniera che insozzava , con la sua sola presenza, il suolo stesso della patria argentina.
Per Miguel Arcangel Roscigna, operaio metalmeccanico, anarchico espropriatore convinto e fine autodidatta, il drago in questione, altro non poteva essere che il carcere, dove tanti anarchici argentini, erano rinchiusi a marcire , nel 1930.
Roscigna , non è molto conosciuto nel 'milieu' anarchico di Buenos Aires, almeno fino al 1918.
Si guadagna un posto di rilievo nella spontanea gerarchia degli anarchici argentini quando, cerca di far evadere dal carcere di Ushuaia, la prigione persa tra i ghiacci e il vento della Terra del Fuoco, Simon Radowitzky.
Simon è una vera e propria leggenda in quegli anni per il movimento anarchico. Nato nel 1891, come Roscigna d'altronde, è arrivato in Argentina dopo essere sfuggito miracolosamente a un 'pogrom' nel suo villaggio natale, un pugno di casupole perse nella steppa dell' Ucraina.
E' ancora un ragazzo dall'aspetto fine e distinto, dai corti baffetti curati che veste spesso una redingote nera, quando assiste al massacro degli operai che è avvenuto il Primo Maggio del 1909, in Plaza de 'Los Dos Congresos'.
Otto gli operai che sono caduti uccisi sul selciato della strada, almeno a dare retta ai rapporti della polizia, più di cinquanta invece quelli che morti sotto le pallottole dei soldati, secondo 'La Prensa'
Il colonnello che ha comandato il fuoco contro gli operai che hanno osato occupare, sia pure per poche ore, uno dei luoghi simbolo della borghesia rioplatense, per ricordare i martiri di Chicago, è il colonnello Ramon Falcon.
Così, Simon il 4 novembre di quello stesso anno, prepara nella sua casa una bomba artigianale, poi, quando passa l'automobile su cui viaggia Falcon, apre la portiera, scaglia la bomba all'interno dell'abitacolo, poi la richiude. Il colonnello e il suo autista muoiono sul colpo.
Simon, che è stato subito arrestato, scampa alla fucilazione soltanto perché a quell'epoca è ancora minorenne, e per chi ha meno di ventun anni il diritto argentino non prevede la pena di morte, ma non alla deportazione a Ushuaia , che in pratica significa una pena di morte soltanto differita nel tempo.
Infatti appena lui entra in prigione, viene torturato selvaggiamente, poi violentato in massa dai secondini.
Le notizie sulle torture alle quali quel ragazzo viene quasi quotidianamente sottoposto, filtrano fuori dalle tetre mura del carcere e Miguel Arcangel Roscigna, non fa  certo fatica a  convincere Apolinario Barrera e due anarchici cileni: Ramon Cifuentes e Ernesto Medina a cercare di fare qualcosa per la liberazione di quel ragazzo esile e coraggioso.
I quattro anarchici riescono a mettersi in contatto con Simon e ad elaborare un piano di fuga tanto semplice quanto geniale.
Simon che è impiegato come lavorante nella sartoria del carcere, si cuce di nascosto una tunica nera , identica a quella che portano le guardie. Il giorno convenuto, si mescola agli agenti che hanno appena terminato il loro turno,, poi corre verso una goletta battente bandiera croata, che Roscigna ha noleggiato per una somma esorbitante, e che è ancorata in una caletta poco lontana.
Il piano prevede che Simon venga sbarcato dopo poche ore di navigazione , con cibo e acqua in abbondanza, in un luogo sconosciuto, dove, dopo due o tre settimane, un gruppo di compagni andrà  a recuperarlo.
Ma all'ultimo momento Simon cambia idea e rimane sulla goletta che lo sbarca, dopo quattro giorni di navigazione nella penisola di Brunswick.
Subito dopo la nave , che è salpata da poche ore, viene fermata da un'unità da combattimento della marina militare cilena, il comandante 'se la canta' e Simon viene ripreso e condannato a due anni di isolamento e a mezza razione quotidiana, dopo le rituali torture che gli vengono inflitte.
Roscigna prova di nuovo a far evadere dal carcere Radowitzky nel 1924.
Questa volta riesce a impiegarsi come 'perro', con questo nome vengono chiamati affettuosamente dai detenuti i secondini che lavorano a Ushuaia, ma deve fuggire precipitosamente perché è stato smascherato. Non prima però di avere trovato il tempo per  appiccare il fuoco alla casa del direttore del penitenziario e a portare via  con sé Ramon Silveyra, un panettiere che è stato condannato a vent'anni di carcere , per avere partecipato ai durissimi scioperi dei 'panaderos' di Buenos Aires.
Roscigna si è ormai reso conto che organizzare le evasioni, è un affare duro, pericoloso, e anche molto costoso.
E' per questo motivo che nel 1924, comincia ad assaltare le banche. Partecipa a rapine assieme a Durruti e ai fratelli Ascaso, attacca il portavalori delle Obras Santarias  con Severino Di Giovanni. Ma questo attivismo frenetico non gli fa certo dimenticare , quelli che un tempo almeno, erano definiti i 'doveri internazionalisti'. Infatti partecipa e anzi pianifica la raffica di attentati contro le aziende statunitensi che operano in Argentina, per protestare contro la condanna di Nicola Sacco e di Bartolomeo Vanzetti.
Compresa la completa distruzione di una fabbrica di sigarette, dove un padrone, non sai se più pazzo o stupido, ha annunciato con un gran tam tam pubblicitario che sta per lanciare sul mercato, una nuova marca di sigarette. Le 'Sacco e Vanzetti' appunto.
Ma è il carcere , per Roscigna  il drago da abbattere, anche se i poliziotti , durante un controllo do routine, con lui sono stati chiari:
' Hai tre alternative' gli hanno detto un giorno 'o ti metti ad allevare galline, o ti seppellisci in seminario, o ti suicidi. Perché la prossima volta che  ti incrociamo per strada, ti spariamo nella schiena, ti mettiamo una pistola in mano e diciamo a tutti che cercavi di sottrarti all'arresto'.
Ma , dopo tante  rapine, Miguel Arcangel Roscigna ha i soldi a sufficienza per organizzare la fuga dal carcere di Punta Carretas a Montevideo, dei fratelli Moretti e di tre anarchici di un gruppo d'azione di Barcellona, che sono lì rinchiusi. Questa volta Miguel pianifica tutto alla perfezione.
Nell'agosto del '29, una famiglia italiana che è appena arrivata da Buenos Aires, compra una casa che dista poche decine di metri dal portone principale della prigione. La famigliola che è formata  da Gino Gatti, da sua moglie e da una bella bambina bionda, si fa subito ben volere in tutto quanto il quartiere. Infatti nella rivendita di carbone, ' El Buen Tratto' che i Gatti hanno aperta al piano terra della loro abitazione, , vengono praticati dei prezzi onesti e si fa anche credito. Gli affari per il signore e la signora Gatti vanno bene. Sono gentili, affabili, sempre pronti ad aiutare chi ne ha bisogno.
E' per questi motivi che tutti i vicini, son sinceramente dispiaciuti, quando nel marzo del 1931, i Gatti se ne vanno, dopo avere annunciato a tutti che se ne tornano a Buenos Aires.
Il 18 marzo del 1931, un guardiano del carcere di Punta Carretas, ha la netta percezione che ci sia qualcosa di strano nell'aria.
Lui che è un veterano delle carceri, sa benissimo che quando in prigione si respira un'aria di totale calma piatta, si sta preparando qualcosa che di lì a poco esploderà con deflagrante violenza. L'uomo è incaricato di controllare in continuazione Erwin Polke, un tedesco dall'ingannevole aspetto pacioso che è in realtà il migliore falsario nella storia del movimento anarchico argentino. Non c'è infatti moneta, passaporto o documento che lui non riesca a falsificare alla perfezione. Ma quel giorno Erwin sembra faccia di tutto per calmare le ansie del secondino. Il tedesco se ne sta infatti tutto tranquillo a giocare a scacchi, nel bel mezzo del cortile. Quando l'agente comincia a pensare che le sue siano soltanto delle fantasie, che spesso il carcere porta con sé, uno stridore di freni, lo avverte che qualcosa sta succedendo, sia pure al di là delle mura della prigione.
I vicini della famiglia Gatti, hanno in fatti avvertito la polizia che dalla casa della famigliola che se ne è appena andata, stanno uscendo dei tipi sospetti. Gli agenti subito accorsi, cadono letteralmente su Aurelio Rom , che di Antonio Moretti è il cognato. Durante la perquisizione dell'abitazione che gli agenti subito fecero, si imbatterono in una botola che immetteva in un pozzo. Da qui, attraverso una scaletta si scendeva in un tunnell lungo cinquanta metri, illuminato, con lampadine elettriche e completo di bocche per l'areazione, con le pareti perfettamente rivestite da assi di legno. Un tunnell che gli ingegneri della polizia definirono 'un'opera tecnicamente perfetta'. Da quel tunnell se ne erano andati Moretti, i tre anarchici catalani e cinque 'comuni' che si erano trovati nel locale dei bagni comuni, quando Roscigna, con un cric, aveva sfondato il pavimento di  una doccia.



















EPILOGO

Uno dei fratelli Moretti, appena dopo pochi giorni dalla fuga, fu riconosciuto da un accalappiacani a cui impedì di catturare un cagnolino , un piccolo bastardo che si era rifugiato tra i suoi piedi. L'accalappiacani , appena lo riconobbe, corse subito a denunciarlo . Cinquantadue poliziotti, armati di fucili a ripetizione, circondarono la casa dove lui si era rifugiato, intimandogli di arrendersi. Moretti si sparò un colpo in testa , perché aveva giurato a se stesso che in carcere lui non ci sarebbe mai tornato. I tre anarchici catalani sparirono nel nulla. Non si hanno notizie dei cinque delinquenti che evasero assieme a loro.
Miguel Arcangel Roscigna  fu ammazzato nel 1937, appena uscito dal carcere, dai poliziotti di una squadra speciale e il suo corpo fu  'desaparecido' nel delta del Plata., per cancellare la memoria di quell'uomo gentile, sempre vestito di bianco, che portava perennemente scuri occhiali da sole.
Simon Radowitzky, uscì da Ushuaia, dopo ventun anni di carcere. Una foto lo ritrae mentre, in mezzo a un nugolo di poliziotti, sta per sortire dal carcere. E' elegante in un abito grigio Simon, il cappello a larghe tese, l'aspetto vigile e nello stesso tempo cauto, di chi è cresciuto in carcere e non è capace di muoversi negli spai aperti. Farà in tempo a combattere nella 28 Divisione di Jover, sul fronte d'Aragona e a sopravvivere al campo di concentramento di Saint Cyprien, prima di morire nel 1956, per un colpo apoplettico.
Al colonnello Falcon, fu dedicato un monumento, che rappresenta in uno stile magniloquente,una specie di angelo e una donna piangente ,accovacciata ai suoi piedi. Brutto, come lo sono sempre i monumenti celebrativi, che fu posato sulla 'Diagonal' di Buenos Aires, nel quartiere della Recoleta.
Negli anni successivi a quella fuga che trovò una larghissima eco sulla stampa di tutto il Sud America, in Uruguay successe di tutto.  Il prezzo della carne bovina crollò, 'i 'blancos' e i 'colorados' in quel piccolo stato che veniva un tempo chiamato la Svizzera del Sudamerica , si alternarono  al governo del paese, e la 'Celeste' vinse  per ben due volte la coppa del mondo di calcio.
L'unica cosa o quasi che in Uruguay rimase sempre uguale , in tutti quegli anni, è il carcere di Punta Carretas , con i  suoi enormi padiglioni tinti di colore grigio, dove , a partire dalla fine degli anni '60, vennero rinchiusi i Tupamaros, che si stavano battendo con le armi in pugno contro la svendita di quel paese un tempo opulento , alle multinazionali europee e nord americane.
I 'Tupa', che hanno inventato la guerriglia urbana, tengono molto alla tradizione. Non a caso hanno chiamato la loro organizzazione con il nome del capo indigeno che diresse la rivolta contro il vicereame spagnolo e che finì squartato sulla piazza del mercato di Cuzco , il 24 settembre del 1527.
Il sei settembre del 1971, quaranta anni giusti dall'evasione che organizzò Roscigna, è una bella giornata di sole, e nel carcere di Punta Carretas regna quella calma apparente che sempre annuncia che qualcosa di grosso sta per accadere. Infatti, quando i secondini fanno rientrare nelle loro celle i detenuti, si accorgono che ne mancano bel centoundici. Centosei tupamaros, Raul Sendic compreso, che dei guerriglieri è il capo riconosciuto e un'intera 'batteria' di rapinatori di banche, quella del Negro Vinas, un 'atracador' che si è politicizzato in carcere.
I poliziotti che risalirono il tunnel, attraverso il quale i tupamaros erano fuggiti, trovarono un biglietto con sopra scritto:
'Oggi come ieri, in lotta per la libertà'. I guerriglieri erano infatti scappati usando in gran parte il tunnel che quaranta anni prima Roscigna e i suoi uomini avevano scavato.
Questo volta l'Argangelo Michele aveva vinto per davvero la sua lotta contro il drago.e non poteva finire che in questo modo. Visto che per la tradizione ebraica, l'Arcangelo Michele è il protettore dei deboli e degli oppressi.
Recentemente sul basamento del monumento al colonnello Ramon Falcon, una mano ha tracciato una A cerchiata e la scritta 'Ramon vive'. Potrebbe sembrare questa soltanto una scritta nostalgica, senza valore alcuno. Come sempre accade quando la storia viene cristallizzata nel ricordo.
Una scritta che una squadra di pulizia della municipalità di Buenos Aires cancellò in pochi minuti. La sera dopo la scritta fu tracciata di nuovo. A vedere con quanta solerzia quelle poche lettere, vengono cancellate tutte le volte che compaiono, le cose stanno un po' diversamente. Del resto, dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che 'il passato è un campo di battaglia'.

LA SEMANA TRAGICA DI BUENOS AIRES

 

L’Argentina alla fine dell’ ‘800 è considerata il granaio del mondo e anche la massima fornitrice di carne della quale hanno un disperato bisogno i paesi industrializzati, tutti protesi nella loro corsa alla conquista dei mercati mondiali e delle colonie. Ma ad essa è precluso qualsiasi scelta autonoma in tema di politica economica. Infatti carne e grano è tutto quello che essa può produrre, non altro. Cosa e soprattutto quanto produrre, sono scelte che non spettano a Buenos Aires, questo è un affare riservato alla City di Londra e alla borsa di New York.
Questo è il ruolo che le è stato riservato dagli USA e dall’ Inghilterra, ruolo che ha fin da subito trovato una entusiastica accoglienza presso l’oligarchia ‘criolla’ che ha intuito che per essa ci saranno guadagni fantastici.
Ma per poter adempiere al ruolo che le è stato assegnato, quel grandissimo e bellissimo paese deve essere modernizzato in poco tempo. Vanno costruite dunque a ritmo accelerato strade ferrate, linee telegrafiche,  e le  industrie di trasformazione di quei prodotti dei quali il paese è ricco.
L’oligarchia, questo è il calcolo, ci metterà la terra della quale si è impadronita dopo avere massacrato gli indios Araucani, il capitale indispensabile per realizzare linee ferroviarie lunghe migliaia di chilometri, mattatoi organizzati come quelli di Milwakeen , arriverà direttamente dalle banche anglosassoni che,  nei fatti , diventeranno così il vero padrone dell’Argentina.
In pratica la borghesia argentina svenderà il proprio paese che sempre enfaticamente dirà tanto di amare e accetterà che il prezzo del frumento e della carne, venga fissato alla borsa  del grano di Chicago.
L’oligarchia argentina, per reperire quei capitali che tuttavia le abbisognano, si dà una ricetta semplice: basta non concedere alcun aumento salariale a un proletariato miserabile e cencioso che per tutti quegli anni è stato il vero motore  dello sviluppo dell’Argentina.
Infatti quel paese che alla metà dell’ ‘800 conta appena due milioni di abitanti, ha bisogno di braccia. Tanto che in poco più di cinquant’anni sono emigrati legalmente in Argentina 6.300.000 tra uomini e donne, in massima parte italiani e spagnoli.
Arrivavano a ondate, inarrestabili come un fiume in piena. Contadini per lo più, già rovinati dallo sviluppo economico che era impetuosamente iniziato, in Europa a partire dal 1870, appena dopo la fine della guerra franco-prussiana, quando si era affermata quell’idea che la terra non dovesse più produrre cibo per tutti, ma guadagni per pochi. E in quel processo di espulsione dalle terra che avevano lavorato per generazioni e generazioni, erano stati accomunati ‘vigneros’ francesi, zappaterra andalusi, cafoni siciliani e anche i contadini delle sabbiose terre dell’Assia.
Arrivavano a Buenos Aires e quasi sempre si accalcavano nelle baracche del quartiere della Boca , dipinte con i colori vivaci usati per verniciare le carene dei piroscafi, e nei pulciosi ‘conventillos’ che pullulavano allora in tutta quanta la città .
I 'conventillos' , sono abitazioni di un centinaio di stanze ognuno, grandi come le celle dei monaci, e come queste prive di finestre, in cortile un gabinetto dove si debbono scaricare almeno un centinaio di persone .
I primi erano sorti nel 1871, per ospitare i soldati che, di ritorno dalla guerra del 'Chaco' avevano portato indietro oltre alle ferite, la febbre gialla . La borghesia che viveva nei quartieri di San Telmo e Monterat si era trasferita, per evitare ogni contagio, nel più salubre quartiere della  Recoleta e aveva affittato a caro prezzo alla municipalità di Buenos Aires le sue antiche case per farne dei lazzaretti.
Poi , i ‘conventilllos’, costruiti con materiale di scarto, gelidi d’inverno e torridi d’estate, sorgeranno a migliaia un po’ in tutta la città. Concentrati soprattutto nel Barrio de Las Ranas, a Rosario, La Plata e Bahia Blanca, abitati da non meno di cinquecento persone ognuno e ospitano , si fa per dire, nel 1919 almeno centomila persone. 
Gli emigrati , nei ‘conventillos’ dove vanno ad abitare,  incontravano i piccoli proprietari terrieri argentini rovinati da un raccolto andato male, o i piccoli allevatori che  erano stati costretti a inurbarsi, distrutti dagli allevamenti degli ‘hacenderos’dove pascolavano mandrie di migliaia di capi ognuna .
Nel 1907 , appoggiati dalla FORA, gli inquilini di un ‘conventillo’ , organizzati da Miguel Pepe, un ragazzo di appena quindici anni, si sono rifiutati di pagare l’affitto per quei miserabili appartamenti dove vivono fitti come mosche, che appartengono in massima parte a quegli stessi padroni delle fabbriche dove vengono sfruttati ogni giorno brutalmente, senza infingimento alcuno.
Un corteo di donne, tutte armate di scope, sono uscite per strada gridando  ‘spaziamo con le scope l'ingiustizia di questo mondo' e hanno fatto il giro di tutta la città. Il loro esempio è stato seguito da almeno centomila persone che, per un anno intero, si sono rifiutate di pagare l’affitto.
Gli operai spendevano praticamente tutto quello che guadagnavano per mantenere, appena sopra la soglia di povertà , le loro mogli, già sfiancate a trent’anni e i tanti figli che nascevano, almeno quelli che sopravvivevano al parto e alle malattie . Erano schiene forti e giovani disposte a lavorare dall’alba al tramonto per una paga miserabile.
Ma  gli oligarchi ‘si aspettavano braccia e invece arrivarono uomini ’. Perché tra quei cafoni spesso analfabeti, non erano pochi quelli che in Europa già avevano conosciute le idee del socialismo e dell’anarchia. E arrivati a Buenos Aires trovavano la Federacion Obrera Region Argentina che , a partire dal 25 maggio del 1901, quando era stata fondata, in una sala della città da cinquanta delegati in rappresentanza di trentacinque società operaie, aveva subito ricevuto l’investitura di ‘bestia nera’ da parte dei ceti dominanti di tutto il paese.
Un sindacato che aveva fatto della solidarietà di classe, dell’ internazionalismo, dell’ azione diretta e dello  'sciopero generale rivoluzionario' l’asse portante del suo agire quotidiano e che aveva fin da subito manifestato un’enorme combattività.
Tanto che il 1 maggio del 1909 la polizia , ha deciso di farla finita una volta per tutte con quell’organizzazione che indice uno sciopero al giorno. Così ha attaccato il corteo del sindacato e non quello dei socialisti, e in quell’occasione sono stati contati dodici morti.
Nel 1910 , la FORA ha organizzato lo sciopero del centenario, quando settanta mila operai hanno costretto la borghesia ‘portena’ a festeggiare la nascita dello stato argentino  protetta dall'esercito che ha dichiaralo le legge marziale.
Ma la FORA riesce a resistere anche sotto i colpi più duri, tanto che nel 1919 conta
120.000 iscritti, 530 sindacati e una fitta rete di militanti che sono attivi in tutta quanta la città. Può anche contare su un reticolo di case del popolo, dove si organizzano conferenze, presentazioni di libri, conferenze e rappresentazioni teatrali. Inoltre edita ‘La Protesta’, un quotidiano che tira 60.000 copie al giorno e che viene venduto per strada da torme di ragazzini e su cui scrivono alcuni tra i più conosciuti e stimati intellettuali del movimento anarchico , come Diego Abad De Santillan , che fa la spola tra la Spagna e l’Argentina.
Nel 1918 e nel 1919, sempre la FORA ha indetto i primi scioperi tra i forestali di Santa Fe e del Chaco, e poi tra i piantatori dell’erba  mate di Corrientes e Misiones , scioperi che hanno suscitato una profonda impressione in tutta quanta l’Argentina. E ora si prepara a lanciare una serie di agitazioni in tutto il paese per ottenere finalmente la tanto agognata giornata lavorativa di otto ore.
Inoltre la classe operaia argentina, come del resto quella di tutti i paesi del mondo, è galvanizzata dalle notizie che arrivano dai quattro angoli del pianeta.
Nel Messico la rivoluzione dei campesinos diretti da Francisco Pancho Villa e da Emiliano Zapata , ha permesso l’esproprio degli immensi latifondi della canna da zucchero che avevano divorato per anni le comunità indie dello stato del Morelos, sia pure al prezzo spaventoso di 900.000 morti. A Monaco gli insorti hanno cacciato quel re da operetta di Strauss che è Ludwig III e dalla Russia , arriva la notizia che i ‘soviet’ dei contadini, degli operai e dei soldati stanno costruendo una società di tutti liberi e eguali. Portati dai marinai che arrivano sui mercantili che risalgono La Plata, arrivano inoltre le notizie che in Italia gli operai hanno occupato le fabbriche delle grandi città del nord del paese e anche in Germania i portuali di Amburgo stanno costituendo quei ‘Rate’ che di lì a poco daranno vita all’esperienza della Repubblica dei Consigli della Bassa Baviera e addirittura nel porto di Seattle gli scaricatori si sono rifiutati di caricare un mercantile che dovrebbe portare rifornimenti alle truppe dei generali zaristi.
Le notizie che arrivano, entusiasmano gli operai e nel contempo spaventano e preoccupano la borghesia ‘rioplatense’ che ha ormai scoperto di avere di fronte un proletariato combattivo che gli anarchici e i sindacalisti rivoluzionari hanno ormai organizzato in quel sindacato che non accetta compromesso alcuno e che ha fatto dell’azione diretta l’asse portante del suo modo stesso di esistere. In questo, sia pure indirettamente la FORA è aiutata dal fatto che nella società argentina manca qualsiasi garanzia costituzionale e non esiste la minima regolamentazione dei rapporti tra capitale e lavoro. Tutto è deciso dai puri rapporti di forza che i contendenti sanno mettere in campo.
Inoltre la buona società ‘bonaarense’ ha un profondo disprezzo per quelle ‘cabecitas negras’, così vengono definiti gli operai che lavorano nelle gigantesche fabbriche dove si inscatola la carne o nelle tante fabbriche tessili . E come non bastasse essi vengono comicamente definiti ‘stranieri ’ da chi il più delle volte è arrivato in città soltanto una generazione prima di loro .
E come tutte le società ‘chiuse’, la borghesia e gli alti gradi dell’esercito e della burocrazia praticano i riti esclusivi che prevedono la pratica del polo, le lunghe permanenze al Jockey Club , la carriera delle armi , specie nella marina da guerra , i lenti e noiosi studi in pochi e selezionati collegi retti da religiosi, là dove si alleva la futura classe dirigente del paese.
Inoltre oligarchi, ufficiali, prelati e borghesi, hanno elaborato la teoria consolatoria del ‘nemico interno’che qui riveste le sembianze degli stranieri miserabili , meglio se italiani, spagnoli o provenienti dai paesi dell’ Europa dell’ Est. Quegli uomini irriconoscenti  che si approfittano della bontà e della generosità della terra che così maternamente li ha accolti e in cambio di tanta generosità, propagandano idee di sovversione e di morte.
E’ in questo clima ribollente che, nel caldo e afoso gennaio del 1919 gli operai della ‘Vasena’ il cui nome completo è  ‘Talleres Metalurgicos Pedro Vasena e hijos LTDA ’, si mettono in sciopero.
La ‘Vasena’, con i suoi 2500 operai , è una delle più grandi fabbriche del paese. Sorge nel popolare Barrio di San Cristobal, tra le vie Cochabamba e La Rioja, dove oggi c’è plaza Martin Fierro e ha i depositi in calle Pepirì e Santo Domingo al Parco Patricios vicino al Nuevo Pompeya . Gli operai sono in sciopero dal 2 dicembre, da quando hanno presentato una serie di richieste che prevedono la riduzione delle ore lavorative che vanno portate da sessantasei a quarantotto a settimana, il riposo domenicale, aumenti di stipendio del 40% e il pagamento degli straordinari. Inoltre chiedono anche il licenziamento degli ‘spioni’ che ha sul libro paga l’azienda, che ha messo in piedi un efficiente servizio informazioni che controlla tutti i dipendenti e anche le loro famiglie. Pedro Vasena , che della  Vasena è il proprietario ha ricevuto la delegazione degli operai della sua fabbrica e ha detto chiaro e tondo che lui si rifiuta di prendere in considerazione anche uno solo di quei punti che ha bollato come frutto di una vera e propria ‘insolecia obrera’ , anche se sa benissimo che uno sciopero lo danneggerebbe non poco perché ha delle importanti commesse da esaudire.
Nel suo rifiuto è stato subito sostenuto  da tutta la borghesia cittadina che teme che le richieste degli operai della Vasena vengano fatte proprie dagli operai  che lavorano nelle fabbriche di tutta quanta la città. Così i borghesi hanno immediatamente offerto il loro aiuto , organizzando e pagando squadre di crumiri e di picchiatori che , in nome della libertà di lavoro, provenienti dalla sede dell’ Asociacion del Trabajo il sette gennaio, scortati dalla polizia, marciano sui cancelli della fabbrica presidiata dagli operai.
Altri crumiri già sono al lavoro, protetti dalla polizia nella parte dello stabilimento che è all’ intersezione tra Avenida Arancio Alcorta e Calle Pepirì.
Qui un gruppo di scioperanti con mogli e figli cercano di fermarli . Prima i crumiri vengono insultati a gran voce, poi contro di loro cominciano a volare pietre e pezzi di legno
I poliziotti che stranamente sono armati con fucili a ripetizione , cominciano subito a sparare, sparano anche i ‘matones’ che scortano i crumiri mentre questi cercano di sfondare i picchetti che si sono formati davanti ai cancelli. Il giorno dopo, verranno raccolti sul selciato della strada circa duemila bossoli che sono stati esplosi in tre ore di scontri . Quattro sono i morti e una trentina i feriti tra gli operai.  Nessuno risulta colpito tra i poliziotti.
Appena arriva la notizia di quello che è  successo alla ‘Vasena’, i  metallurgici e la ‘Società di Resistenza Metallurgici’ si mettono subito in sciopero. Poi tocca ai marittimi e ai ferrovieri che sono già in sciopero per conto loro, poi ai postali. Poi tutti  quanti assieme . La FORA da parte sua dichiara uno sciopero generale a tempo indeterminato. Il capo della polizia Elpidio Gonzalez  che si è presentato davanti ai cancelli della fabbrica , per dirigere la repressione è costretto a una fuga umiliante su un taxi, mentre la sua automobile di servizio viene data alle fiamme.
L’otto gennaio , un deputato socialista Nicolas Repetto interviene  in parlamento per chiedere a Hipolito Irigoyen il presidente del consiglio colui che tutti chiamano ‘Il Peludo’, il vegliardo che non usa mai il telefono , delle delucidazioni su quello che è successo il giorno prima .Poi porta tutta la solidarietà del partito socialista argentino e la sua personale ai familiari degli operai che sono stati ammazzati. E per i socialisti, tutto finisce lì.
Ma nelle strade le cose vanno diversamente. Si tagliano i cavi dell’elettricità, e quelli dei tram , la Vasena è circondata da barricate che sono sorte in calle San Juan, Cochabamba, Oruro, Urquiza e La Rija . Gli scioperanti si lanciano nelle vie e bloccano porti e quartieri , le panetterie e le rotative delle tipografie. Solo ‘La Protesta’ il giorno dopo, venne venduta per strada.
Il giorno nove si apre in un’atmosfera plumbea e convulsa. Quella mattina in migliaia hanno deciso di partecipare ai funerali  dei quattro operai della ‘Vasena’ che sono stati ammazzati. Le famiglie e gli amici hanno voluto che i quattro venissero sepolti tutti quanti assieme. Il corteo funebre che parte dal Nueva Pompeya , era diretto alla ‘Chacarita’ , un corteo lunghissimo, e nero che pare non dovere mai finire.
Pochi i mazzi di fiori , su tutto domina un silenzio sepolcrale, profondo, minaccioso. Subito dietro le bandiere della FORA, appena davanti alle quattro povere bare fatte di tavole di pino giovane in cui sono state composte le salme dei quattro operai ammazzati , si sono posizionati  un centinaio di operai che si sono investiti della ‘autodefensa obrera’.
Sono tutti armati di pistole e di carabine . Vestono come gli altri con la giacchetta nera, perché ci si mette il vestito buono, quello della domenica,  per accompagnare al cimitero un compagno ucciso .’
Lungo il percorso che compie il funerale, altri si armano. Vengono infatti saccheggiate tutte le armerie che il corteo funebre incontra nel suo percorso.La prima di cui viene sfondata la clerc è quella che si apre al 3900 di via Juan  Picasso
Il corto funebre , per arrivare al cimitero ci mise alcune ore di  un lento procedere minaccioso in una città che già a mezzogiorno risulta essere completamente paralizzata.
In tanti non riuscirono a oltrepassare i cancelli della ‘Chacarita’ , mentre i compagni del servizio d’ordine si disposero a ventaglio davanti all’ingresso principale, per difendere i  partecipanti al rito funebre . 
Alle cinque del pomeriggio, mentre stava parlando un anarchico, all’improvviso, da dietro un muro, la polizia cominciò a sparare, e in tanti risposero al fuoco. La gente che usciva dal cimitero cominciò ad aggredire per strada tutti i poliziotti che incontrava Decine di scontri a fuoco si accesero in tutta Buenos Aires Furono colpiti anche alcuni treni mentre stavano entrando nelle stazioni della città . Si spara alla stazione Roca, dai tetti a pagoda e i frontoni in stile ionico e alla stazione Belgrano,si attacca l'Asociacion Nacional del Trabayo
I tram vengono rovesciati a forza di braccia, e messi di traverso in mezzo alle strade perfettamente geometriche che si incontrano sempre con un angolo di novanta gradi, per evitare il tiro diretto da parte della polizia. Poi vengono attaccati praticamente tutti i commissariati di polizia , mentre gli operai che si sono barricati dentro alla Vasena, vengono attaccati dalla polizia a  raffiche di mitra e a colpi ‘mauser’. Alle diciannove di quello stesso giorno  entra in ballo il generale Luis Delle Piane che comanda un  reggimento di fanteria . Prima di uscire dalla caserma ha dichiarato ai giornalisti ‘embedded’ lì convocati che ‘ci sarà una carneficina che si ricorderà per i prossimi cinquanta anni’.
Durante la notte, divampano nuovi  scontri un po’ in tutta la città che fanno almeno cinquanta  morti, almeno a dare retta ai rapporti di polizia. Per la FORA invece gli operai ammazzati sono più di cento.
Il 10 Buenos Aires è del tutto paralizzata , tanto che comincia anche a scarseggiare il pane.
Dove sorge il palazzo presidenziale della  Casa Rosada, l’esercito ha posizionato nidi di mitragliatrice, mentre più di trentamila soldati irrompono nei quartieri operai, perquisiscono le abitazioni e arrestano  migliaia di ‘sospetti’. In pratica chi vogliono loro.
Si spara su tutte le  automobili della polizia che si avventurano per strada. Colpi di rivoltella e di carabina vengono esplosi da dietro i tram. Alla fine di quella giornata si conteranno almeno altri cinquanta morti.
E’ a questo punto che arriva la Liga Patriotica  . La Liga è una vera e propria formazione paramilitare formata da ‘ninos bien’ e dai ‘mas destacados’ membri della società argentina come l’ammiraglio Manuel Domenec e soprattutto da Garcia Carles, professore del collegio militare e della Scuola Superiore di Guerra  che della Liga è il capo riconosciuto.  Eletto parlamentare l’anno prima per le province di Salta e San Juan, si è presentato in parlamento con quella che è stata una vera e propria dichiarazione di