venerdì 15 aprile 2011

UNA STORIA DIMENTICATA


 
‘QUANDO FIGOLS PROCLAMO’ IL COMUNISMO LIBERTARIO’


‘Le rivoluzioni non si vincono. Si fanno’
(Abel Paz)




Tutto succede  il 18 gennaio del 1932 . La mattina presto di quello stesso giorno, i minatori delle miniere di lignite che, fuori dalla valle dove essi vivono e lavorano quasi nessuno sa che esistano, quegli uomini già vecchi a trenta anni, vestiti con le giubbe di pesante velluto marrone, marciano sulle case dove vivono i pochi ‘somaten’ della zona,li disarmano facilmente e costringono gli uomini della Guardia Civil nella loro casermetta.
Questi si arrendono quando vedono rotolare verso di loro le cariche di esplosivo non innescato,a questo punto  gli operai alzano la bandiera rosso e nera sul palazzo del municipio e proclamano il comunismo libertario.
Si era a Figols, un centro minerario dell’alto Llobregat, in Catalogna, situato tra Barcellona e Lerida, nella Comarca di Bergueda , non lontano dalla frontiera con la Francia e  gli operai avevano occupato in appena poche ore i loro villaggi.
I primi anni ’30 in Spagna sono gli anni della ‘convulsion social’. Nel 1930 infatti è stata liquidata , in maniera assolutamente incruenta , la dittatura di Antonio Primo de Rivera e  nel 1931per la prima volta nella storia della Spagna una coalizione di partiti liberali e di sinistra è riuscita a vincere le elezioni.
Così nell’aprile del 1931 Alfonso XIII se n’è andato in esilio a Roma  ed è nata  la Repubblica, sempre rigorosamente scritta con la lettera maiuscola che viene raffigurata come una ‘nina bonita’, tanto simile nell’aspetto alla Marianna della rivoluzione francese.
Dal governo di Aniceto Alcalà Zamora gli operai e i contadini della Spagna intera si aspettano non soltanto il ritorno alle libertà costituzionali ma anche e soprattutto che il nuovo governo sazi con la riforma agraria , la disperata fame di terra dei contadini spagnoli. Ed è per questo motivo che anche tanti uomini e tante donne che da sempre si astengono dal partecipare alle elezioni, che  sono andati a votare. Questa volta infatti gli appelli degli anarchici a non partecipare alla competizione elettorale  sono sembrati eccessivi, frutto più di un’ideologia preconcetta che di una vera e propria riflessione politica.
‘I partiti hanno promesso che ci daranno la terra. E in un modo o nell’altro qualcosa dovranno pur fare’ è stato questo il calcolo e la speranza che hanno convinto  molti tra gli otto milioni di contadini che non possiedono nemmeno un metro quadrato di terra  ad andare a  votare.
Hanno votato e poi si sono messi ad aspettare con calma che il governo faccia quella riforma agraria che tanto hanno sbandierato i partiti prima delle elezioni.
Ma i mesi passano invano e  di mettere mano a una riforma che in qualche modo sottragga almeno una parte dei tre milioni di ettari che posseggono i latifondisti andalusi, i partiti che hanno vinto le elezioni,socialista e comunista compreso , non se lo sognano nemmeno.
Ci si perde infatti fin da subito in bizantini distinguo tra la proprietà assenteista e quella che viene invece lavorata , affidando gli espropri a procedure lente e macchinose gestite da commissioni che fin da subito vengono controllate e infiltrate dai ‘caciques’ e dai ‘terratenientes’.
Così esaurita la pazienza, i contadini occupano quelle terre che potrebbero dare loro da mangiare e la Guardia Civil spara sugli occupanti.
Le cronache dei giornali spagnoli della bollente estate del 1931, sembrano un bollettino di guerra.
Perché  tra le altre cose, la Repubblica ha anche promulgato una legge di ‘Defensa de la Repubblica’ che prevede la possibilità per gli uomini delle sei polizie che sono incaricate di mantenere l’ordine su tutto il territorio dello stato spagnolo, la possibilità di sparare ‘sin previo aviso ’. E ha buon gioco ‘Tierra y Libertad’ad uscire con il titolo a tutta pagina che grida ‘Espana sequestrata por la Guardia Civil’.
Così partono scioperi e ci sono morti a Dos Hermanos, Utrera, Coria del Rio, La Campana, Moron de la Frontera, Caceres, Badajoz, Toledo, Andujar .In risposta a questi macelli e alla lettera del cardinal Segura che si scaglia contro i ‘senza dio’ , si assaltano , si devastano e infine si bruciano conventi e istituti religiosi a Malaga Huelva e Siviglia. Quando poi i contadini vengono a sapere che i latifondisti rifiutano di applicare la tariffa minima giornaliera che è di appena 3.50 pesetas al dì , vengono assaltati  i circoli, dei pueblos andalusi e estremeni, dove i terratenientes siedono ogni giorno a bere birra ghiacciata,a masticare noccioline, a fare  e disfare alleanze.
Ma è con lo sciopero della ‘Telefonica’ e con la ‘Semana Sangriente’ di Siviglia che la Repubblica si gioca definitivamente qualsiasi possibilità di coagulare dietro a sé un blocco sociale che in qualche modo, sia pure criticamente la sostenga.
La ‘Telefonica’ è per la Spagna l’equivalente di quello che la SIP è stata per decenni per la Repubblica Italiana.
La società  è stata venduta per un tozzo di pane al capitale statunitense, che in appena pochi anni ha  così realizzato utili da sogno,  da Antonio Primo de Rivera in persona, conta circa 7000 dipendenti , in larga maggioranza donne e ha le sue sedi principali a Madrid, Barcellona, Saragozza e Siviglia.
Dei settemila dipendenti, circa 6200 si sono affiliati alla CNT, che sorprendendo così anche il più attento tra gli osservatori politici spagnoli, dopo anni di clandestinità e di persecuzioni , è risorta dalle proprie ceneri, come l’araba fenice, ancora più forte di prima . E gli uomini e le donne della CNT presentano all’azienda una serie di richieste in cui, accanto alla riduzione dell’orario di lavoro e ad un aumento di stipendio c’è anche quella, per una donna sposata di non essere licenziata dall’ azienda.
Quando la Telefonica rifiuta di trattare su qualsiasi punto, parte lo sciopero che incredibilmente vede subito l’UGT disponibile a fornire manodopera, leggi crumiri, per sostituire gli scioperanti.
Lo sconcerto è enorme in tutta la Spagna, infatti mai nessuno avrebbe pensato possibile che un sindacato , sia pure fiero rivale di un altro e con il suo leader Francisco Largo Caballero che fa parte del governo come ministro del lavoro, potesse arrivare a tanto.
A Siviglia la situazione si fa subito incandescente. Infatti , durante una manifestazione di protesta che la CNT ha organizzato il 18 luglio per appoggiare la lotta della ‘Telefonica’,  l’operaio di una birreria viene ammazzato dai poliziotti. Parte subito uno sciopero generale durante il quale muore un altro operaio della ditta Osborne, negli scontri che si susseguono in tutta la città, cadono uccisi tre guardie e quattro scioperanti , ed è a questo punto che si decide di fare intervenire l’esercito. Gli anarchici allora si trincerano nella sede del sindacato che in città tutti conoscono come la ‘Casa Cornelio’ che viene presa d’assalto dall’esercito.
Una foto mostra addirittura un pezzo da campagna che viene messo in posizione da sei artiglieri che sorridono rilassati, quasi partecipassero a un’esercitazione incruenta. Poi, il cannone comincia a sparare contro la ‘Casa Cornelio’ che sorge proprio dietro l’arco della Macarena con l’immagine religiosa bene al centro della chiave di volta, e gli anarchici che non sono riusciti a fuggire nei vicoli dei quartieri proletari, vengono spinti nel vicino parco intitolato a Maria Cristina e fucilati davanti a centinaia di uomini e di donne terrorizzati.
Alla fine di quella settimana, nella sola Siviglia, saranno ventidue gli operai uccisi dall’esercito e dalla polizia.
In due anni di repubblica si conteranno trenta scioperi generali e ben 36.000 parziali, i disoccupati passeranno da 390.000 a 618.000, verranno sospesi 161 periodici, 9000 saranno gli incarcerati, 160 i deportati e ben 400 gli operai e i contadini ammazzati in tutta la Spagna.
Ed è in questo ribollente contesto che insorge il ‘pueblo’ minerario di Figols.
Figols allora era formato da tre nuclei ben differenziati. In basso, vicino alla strada e al fiume , c’era il ‘Pueblo Pequeno’, dove vivevano tutti coloro che lavoravano nel laboratori tessili. A metà costa della montagna, dove si arrivava con  mezz’ora di faticosa salita su una scivolosa mulattiera, c’era il paese di San José e ancora trecento metri più in alto sorgeva San Cornelio.
A San Josè e a San Cornelio c’erano le installazioni minerarie, l’ingresso delle gallerie, il lavatoio del minerale e le case dove vivevano gli operai. Visto da  lì il panorama  intorno era stupendo; da tutte le parti si levavano le creste delle montagne  illuminate dal sole e coperte dalla neve e  lontane altre cime  più elevate , che segnavano il confine con la Francia. Appena più sotto, scorreva il Llobregat appena nato. Nel paese e negli altri ‘pueblos’ della conca della lignite, vivevano allora circa 1500 minatori assieme alle loro famiglie , senza contare tutti gli operai e le operaie che lavoravano nelle industrie tessili e che vivevano a Figols, Gironella, Balsareny , Sallent .In tutti i pueblos e nelle case che si allineavano lungo il fiume la tensione sociale aumentava ogni giorno. Alla metà di gennaio la tensione cresceva ancora  in tutta la ‘Comarca’, perché le fabbriche tessili non soltanto non accettavano un aumento del salario richiesto  dagli operai in relazione all’aumentato costo della vita ,ma pretendevano addirittura di abbassarlo e di licenziare il personale in ‘eccesso’.
Così, lunedì 18 gennaio gli operai delle fabbriche di Figols si misero in sciopero. I ‘somaten’ che pretendono di ristabilire l’ordine , si trovano davanti una   commissione di scioperanti, quasi tutte donne estremamente decise, che  si reca a San José e a San Cornelio per sollecitare i minatori affinché questi solidarizzino con la loro lotta. Cosa non difficile questa, perché per i minatori la solidarietà con chi è in sciopero, è qualcosa che fa parte della loro stessa natura e poi  l’impresa proprietaria della miniera,  ha rifiutato anche di mettere mano alle migliorie richieste. Nei ‘pozzi’ della miniera infatti la ventilazione è insufficiente , nelle gallerie si raggiungono i trentacinque gradi e gli incidenti sono all’ordine del giorno. Inoltre la compagnia ha appena licenziato trenta minatori e non accetta di  riammetterli al lavoro. Così, appena gli operai a escono dai pozzi , decidono spontaneamente di portare aiuto ai tessili.
Disarmano i dirigenti e i guardiani della miniera, vanno casa per casa , tolgono le armi ai  ‘somaten’ e li radunano prigionieri nel palazzo comunale.
Il martedì il movimento si è già esteso, come una valanga a tutta la Comarca, a Manresa viene dichiarato lo sciopero generale e vengono tagliate tutte le vie di comunicazione, compresa la linea telegrafica.
Nella conca dell’Alto Llobregat e del Cardoner, i lavoratori tessili appoggiati dai minatori, di Sallent, Suria e Cardona, si fanno subito padroni della situazione. Dappertutto si impossessano dei municipi, sui quali alzano la bandiera rosso e nera e cominciano ad organizzare la vita delle loro comunità su basi nuove.
L’anima del movimento a Figols è Manuel Prieto un asturiano che  da trenta anni  lavora come minatore. Ha 43 anni ed è un uomo  curvo per le fatiche e leggermente claudicante in conseguenza di uno smottamento di terra che lo ha travolto in pieno. Di carattere gioviale, sempre pronto a dare una mano a chi ne ha bisogno, gode di un solido prestigio tra i suoi compagni. Anarchico convinto, rifiutava la violenza che ritiene il frutto logico dell’ingiustizia sociale , crede nella bontà dell’uomo e nel trionfo delle dottrine emancipatrici. Ha alle spalle una lunga serie di persecuzioni , di licenziamenti e di carcere. E’ così alieno dalla violenza che, quando un gruppo di minatori cerca di esercitarsi al maneggio delle armi sparando contro un albero, si oppone risolutamente ‘ No. Contro quell’albero no, perché anche lui sente e vive. Sparate se volete contro una roccia , non contro quest’albero perché non avete diritto di ucciderlo’. Ed è anche grazie a lui che a Figols, per la prima volta nella storia si proclamò il comunismo libertario.
Nella mezza dozzina  di pueblos di tutta la conca mineraria, dove gli operai sono padroni della situazione, non si commettono furti, assassini o stupri. Su questo Prieto è stato tetragono, nessuna vendetta,nemmeno contro quei dirigenti o quelle ‘guardie’ che sono da sempre particolarmente invisi agli operai. Si occupano così i municipi , si alzano le bandiere rosso e nere , viene abolito il denaro e subito i minatori e le loro famiglie si organizzano in comuni libere e autogestite.
A Figols si costituisce una milizia che difenderà la comunità in caso di attacco, poi si forma un comitato incaricato della produzione e del consumo e infine una  terza commissione che è incaricata di strutturare la comune  e soprattutto,viene fin da subito annullato il denaro.
Il mercoledì si celebrano le elezioni per la libera comune , votano uomini e donne e i ragazzi di età superiore ai diciotto anni. Si eleggono così il delegato generale e otto aiutanti che entrano immediatamente in azione . I protagonisti di quell’insurrezione, ritenevano possibile la realizzazione incruenta dei loro sogni più belli. Erano anche convinti che la Spagna intera avrebbe seguito il loro esempio, infatti, mentre già si preparano a intervenire le truppe che schianteranno le libere comuni dell’ Alto Llobregat, le commissioni si preoccupano di deliberare la creazione di scuole, di biblioteche, di sanatori e di bagni pubblici.
Manuel Prieto che è andato a Barcellona in cerca di aiuto, si rende conto che la vita in città continua nella più  assoluta normalità e che quello a cui lui stava partecipando, era un movimento assolutamente spontaneo di qualche migliaio di minatori e che era condannato al fallimento, anche se alla fine di quella settimana gli operai della CNT della capitale catalana si lanciano in uno sciopero generale di solidarietà .
Il presidente del consiglio Manuel Azana dopo qualche giorno di stupore all’arrivo della notizia, manda il generale Batet che comanda la IV Region Militar con dei battaglioni di fanteria e una batteria di artiglieria da montagna nell’Alto Llobregat.
Le truppe occupano molti ‘pueblos’, senza sparare un solo colpo di fucile, anche se gli operai sono disposti a resistere. Hanno infatti fucili, pistole, e una grande quantità di dinamite e addirittura i  più esaltati sono disposti a farsi uccidere sulle alture di San Cornelio in una battaglia disperata contro gli uomini in uniforme.
Prieto a fatica li fa desistere dai loro propositi  e li guida con una lunga marcia verso la frontiera. Quando sono in vista della Francia , lui torna indietro, ha deciso che condividerà la stessa sorte di quelli che sono rimasti ad aspettare l’esercito. Appena arriva in paese, viene arrestato.
Gli avvenimenti dell’Alto Llobregat ebbero chiare e importanti ripercussioni su tutta quanta la politica nazionale. In risposta a ciò che era successo, il governo decise di applicare con tutto il rigore possibile la recente ‘Ley de Defensa de la Republica’,un insieme di leggi che passarono alle Cortes con ben 162 voti favorevoli e appena 16 contrari.  Subito dopo si sparò ancora e di nuovo la CNT venne messa fuori legge.
Manuel Prieto e altri cinquanta operai che avevano partecipato all’insurrezione, vennero condotti a  Barcellona e rinchiusi sul ‘Buenos Aires’, un vecchio piroscafo che fungeva da nave prigione e  che era alla fonda nella rada.
 Assieme a loro vennero rinchiusi anche cinquanta uomini della FAI tra cui Durruti , i fratelli Ascaso, Rueda, Bruno Lladò, Ballesteros e Ortiz. Quest’ultimi non c’entravano assolutamente  nulla con l’insurrezione di Figols, ma erano uomini della FAI e della CNT e comunque era chiaro a tutti che la Repubblica voleva farla finita con l’anarcosindacalismo. L’impianto accusatorio nei loro confronti si basava sul fatto che, pochi giorni prima dell’insurrezione, si era tenuta a Figols una riunione della FAI a cui avevano partecipato : Durruti, Perez Combina e Arturo Parera. E tanto poteva bastare.
Il ‘Buenos Aires’ salpò da Barcellona con 108 prigionieri a bordo all’ alba del 10 febbraio del 1932. Fece scalo a Cadice dove salirono a bordo altri undici prigionieri politici. Poi, scortato dall’incrociatore ‘José Luis Diez’, si diresse a Bata, dove ricevette l’ordine di dirigersi verso il Sahara Spagnolo. Finalmente, dopo ventitre giorni di navigazione, i deportati furono sbarcati a Villa Cisneros, e qui rimasero prigionieri per vari mesi.
Ci vollero le proteste dell’ aviatore  Ramon Franco, fratello del non ancora ‘caudillo’, che denunciò le condizioni in cui questi erano rinchiusi in un carcere fetido, una campagna di stampa , gli appelli e le interrogazioni parlamentari di  Barriobero, Ortega Y Gasset, Samblancat, Balbotin, Castelao e Luis de Tapia e soprattutto gli scioperi di protesta della CNT,  per far ritornare tutti quanti quegli uomini un anno e mezzo dopo,in Spagna.
I partiti della sinistra spagnola, definirono gli insorti come ‘bandidos con carnet’,  perché tali erano, nella loro logica, tutti quelli  che volevano cominciare qui ed ora a vivere da uomini liberi, senza aspettare i tempi ragionevoli della politica. E in molti ironizzarono sulla loro impazienza, sottolineando che la rivoluzione ha bisogno di tempi lunghi, tacendo opportunamente che nel lungo periodo siamo tutti morti. Che gli anarchici, ancora una volta avevano dimostrato lo loro completa noncuranza per le leggi della politica, che in fondo, per quanto riguardava i minatori di Figols, si trattava di ‘millenaristi’, convinti che sarebbe bastato il loro esempio per arrivare al paradiso del proletariato, e via discorrendo. Storie vecchie insomma.
Gli avvenimenti di Figols, e del resto non poteva essere altrimenti, furono subito ignorati dalla storiografia ufficiale. Al massimo se ne parlò con la compunta degnazione  che sempre ricevono tutti quei fatti che sfuggono alla comprensione della storiografia accademica.
Dello stesso Manuel Prieto, per quanti sforzi possano essere fatti, non si trova praticamente  nessuna notizia. Anche il monumentale ‘Dicionari Biografic Obrer als Paisos Catalans’ si limita a scrivere di Prieto : ‘ Militante della CNT a Figols. Minatore. Fu deportato in Guinea dopo la pacifica rivolta della FAI nell’Alto Llobregat nel gennaio del 1932’ e tutto finisce lì.
Ma gli avvenimenti di Figols entrarono tenacemente e pervicacemente a fare parte della memoria del proletariato spagnolo. Infatti quando insorse Tarrasa, sul municipio fu alzata la bandiera rosso e nera e venne anche qui subito proclamato il comunismo libertario, lo stesso successe l’anno dopo nei paesi dell’Aragona e della Rioja che si erano ‘alzati’ contro lo stato spagnolo.
La Colonna Durruti che partì da Barcellona la mattina del 23 luglio del 1936 per liberare Saragozza, aveva alla sua testa un centinaio di minatori di Figols e di Sallent che rappresentavano la truppa d’elite della colonna..
Venne le grande glaciazione che il franchismo portò con sé , di quegli avvenimenti non parlò più nessuno, e il nome di Figols venne cancellato fino al 3 novembre del 1975.
Alle nove e mezza di quello stesso giorno infatti , durante il primo turno di lavoro, in una galleria a mille metri di profondità, cominciò a fare un calore infernale, perché la ventilazione, così come tanti anni prima era assolutamente insufficiente, malgrado questi tragici segni premonitori, i minatori erano abbastanza tranquilli, perché un’ispezione di tecnici,aveva definito quelle gallerie ‘no grisosa’.
Un operaio mise in moto la gigantesca scavatrice di marca sovietica, come faceva tutti i giorni, si sprigionò una scintilla e scoppiò  l’inferno.
Una formidabile esplosione scosse le viscere della montagna, l’aria divenne incandescente  e una folata di vento bollente, spinse in tutta quanta la galleria una gigantesca palla di fuoco .
I minatori che non furono uccisi direttamente dall’esplosione, morirono trasformati in torce umane o  schiacciati dall’onda d’urto contro le pareti del tunnel. In venticinque morirono sul colpo, altri cinque che, i compagni di lavoro che si erano calati senza protezione alcuna nella galleria, erano riusciti a portare all’aperto, morirono in pochi minuti o al massimo, dopo poche ore .
Totale: trenta morti nella maggiore catastrofe mineraria registrata in Spagna negli ultimi cinquanta anni.
In quello stesso novembre venne operato Francisco Franco, nel tentativo di prolungare la sua oscena agonia per garantire in qualche modo la stabilizzazione del regime. I periodici dedicarono appena qualche riga a quello che era successo a Figols, preferendo scrivere pagine e pagine sulla minaccia del sovrano del Marocco ,Hassan II , di marciare alla testa di una moltitudine di disperati nel deserto, per rivendicare una striscia di sabbia che apparteneva al Sahara spagnolo e che la monarchia marocchina rivendicava come propria..
A stento i giornali scrissero che i morti lasciavano una ventina di vedove e una cinquantina di orfani, preferendo sottolineare che era stata aperta una sottoscrizione a favore delle famiglie delle vittime. E subito, come di prammatica in occasioni come queste, nel solito osceno balletto di bugie, mezze bugie  e mezze verità, i giornali cominciarono a mettere in discussione la versione data dai superstiti sulla tragedia , dicendo che ‘era impossibile che tra sabato e domenica si potesse essere formata una sacca di grisou tanto devastante’, lasciando intendere che c’era stata qualche mossa imprevista e maldestra da parte degli operai che aveva causato questo disastro.
Ai funerali assistettero migliaia di minatori della conca del Cardoner e del Llobregat, assieme a loro, le autorità dello stato franchista che erano arrivate il elicottero e ripartirono subito dopo la straziante cerimonia . Le televisioni preferirono dilungarsi sugli splendidi panorami della sierra Cadì e sulle acque spumeggianti e trasparenti del Llobregat, piuttosto che sulla folla nera e dolente di coloro che partecipavano ai funerali. Ovviamente nessuno parlò, neanche di sfuggita di quello che sempre a Figols era successo quarantatre anni prima.
Il conto corrente ‘Justicia y Paz’ a beneficio dei familiari delle vittime fu  , a causa del nome che gli era stato imposto,  annullato dal governatore civile di Barcellona.
Le miniere dell’Alto Llobregat, vennero chiuse nel corso degli anni semplicemente perché non più redditizie, come successe a quelle di carbone delle Asturie , a quelle scozzesi e gallesi al tempo della Tatcher. Oggi a Figols vivono appena 250 persone.

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