venerdì 15 aprile 2011

UN CAFFE' TRANQUILLO


 


Gli abitanti di Barcellona non hanno mai amato rimanere chiusi nelle proprie case. Si rimane infatti nella propria abitazione  per mangiare, per dormire, per fare all’amore o soltanto se si è ammalati. Qualcuno può notare che in questo gli abitanti di quella città morbida e sinuosa che si snoda tra le colline e il mare, sono sicuramente aiutati dal clima dolce e . E sicuramente c’è molto di vero in questo. E’ però anche vero che a Barcellona è sempre esistito quel desiderio di stare per strada, quella voglia di passare il proprio tempo libero a discutere, a bere assieme a un amico, a trovarsi ogni giorno, così, soltanto per il piacere di farlo.
C’erano due posti  negli anni ‘ 20, oltre alle sedi dei sindacati e degli ‘ateneos’ dove si ritrovavano  gli operai anarchici dopo una giornata di lavoro : le ‘Ramblas’, e i caffè.
Le ‘Ramblas’, quel lungo viale che da ‘Plaza de Catalunya’ arriva sino al porto, eternamente in movimento, era attraversato ad ogni ora del giorno e della notte da marosi di passanti. Gli operai discutevano di politica sventolando in alto le giubbe di panno scuro,  quasi fossero cappe da torero , gridavano accanto alle gabbie dei pappagalli multicolori e dei merli indiani, o alle edicole più grandi del mondo. I lustrascarpe, tutti rigorosamente anarchici, si erano convertiti in agitatori politici, e sulle panchine in ferro ghisato, si giocava a scacchi o si discettava di‘teosofia’, mentre le prostitute alcolizzate si davano per pochi centesimi negli angoli bui di ‘Plaza Real’. Si parlava anche di calcio, delle imprese di Pepe Samitier, il grande attaccante argentino amico di Carlos Gardel , e soprattutto del ‘Barca’. La squadra che aveva soppiantato almeno a Barcellona gli eroi tragici e tubercolotici della corrida. Gli uomini rimanevano in silenzio soltanto quando passava una donna, che se onesta, doveva rimanere perfettamente noncurante davanti al rito del ‘piropo’, il commento intriso di pesanti complimenti sulla sua bellezza. Oppure quando incedeva una pattuglia della ‘Guardia Civil’. Mentre sempre ad alta voce, si minacciavano gli informatori di Martinez Anido e di Arleguì.
Tutti parevano percepire comunque l’elettricità che saturava di energia l’aria e pareva annunciare che qualcosa di indefinito , ma comunque di incommensurabilmente grandioso poteva accadere da un momento all’altro.
L’altro posto  sociale di Barcellona, la città dove gli orari della cena sono i più assurdi del mondo intero, sono i caffè con le loro tende dai colori vivaci che hanno sempre avuto un ruolo particolare nella storia sociale della città. Caffè tanto diversi tra di loro che anch’ essi rappresentavano senza infingimenti la divisione verticale che attraversava tutta quanta la città.
A Barcellona quasi non si contavano i caffè, gli american bar , le bettole, le osterie  e le mescite di vini, che proponevano una panoplia praticamente infinita di scelta.
I caffè del centro, quelli che si affacciavano su ‘Plaza de Catalunya’, o si aprivano sul quadrilatero dell ‘Ensanche’,  così  lussuosi , belli  e moderni che bisognava andare fino a Parigi per trovare qualche locale che potesse stare loro alla pari, erano il ritrovo di una borghesia tanto avida quanto dinamica. Uomini che alla ‘Maison Dorée’ bevevano ‘cueva’ ghiacciato e stappavano bottiglie di ‘champagne’ che costavano l’equivalente di quindici giorni di un salario operaio o sorbivano cocktail, quegli strani intrugli che arrivavano dall’America, capaci soltanto di suscitare il disprezzo dei tradizionalisti, che anche in quelle perniciose abitudini che stavano dilagando con tanta facilità, scorgevano lo spirito di decadenza dei tempi.
Qui la ‘gent da bè’, che con la neutralità della Spagna durante la prima guerra mondiale era diventata ricca oltre l’immaginabile , dopo l’immancabile messa di mezzogiorno, corteggiava le ‘sciantose’ o si giocava fortune a bische improvvisate. C’era la fila per poter diventare soci del ‘Club della Caccia’, sui cui odorosi divani di cuoio sedevano regalmente Mirò y Trepat , Grapuera e gli altri titolari delle più grandi fortune di tutta quanta la città. Non c’è da stupirsi dunque se  uno dei sindacati più radicali  della CNT, fosse quello dei ‘garcons de café’, che sotto la guida di un giovanissimo Garcia Oliver si apprestava a lanciare uno sciopero che sorprese la città intera per la determinazione e la compattezza con cui fu condotto. Né tantomeno può sorprendere che il giorno in cui fu ucciso ‘El Noy de Sucre’, il ‘Circolo della Caccia’ fu il primo edificio ‘borghese’ che venne attaccato.
Un ‘commando’ operaio da un’auto in corsa attacca il ‘Circolo’ a raffiche di mitra ‘Thompson’ , mentre vengono fatte rotolare dalla finestre infrante dai proiettili , delle bombe a mano che esplodono nei saloni luminosi.
Al ‘ Pueblo Nuevo’ al ‘Barrio Chino’, come in tutti quanti gli altri quartieri operai si aprivano caffè frequentati da operai, puttane, venditori ambulanti, ‘lingera’. Tutti mescolati assieme , perché tutti quanti conoscevano la fame e le botte della polizia.
Nel gennaio del 1901 si cominciò a costruire un ‘cobertizo’ , e  venne aperta una taverna che fu chiamata con il nome de ‘La Tranquilidad’, situata nella confluenza dell’ ‘Avenida’ del ‘Paralelo’ fitto di bordelli e regno di Lerroux, con la calle Conde de Asalto, oggi ‘Nou de Rambla’ .
Fino dal principio del secolo i vari caffè che si aprivano tra il numero 69 e il numero 80 del ‘Paralelo’, fino alla ‘calle’ ‘Ronda de San Pau’ e ‘Abad Safont’ specialmente il cafè ‘Espanol’, si erano convertiti nel punto di incontro abituale di anarchici e di sindacalisti, in quelle ‘tertulias’ si discuteva su tutto. Dai romanzi di Jack London alle poesie di Gongora, dalla richiesta di solidarietà per i minatori del salnitro del Cile, ai drammi di Ibsen. 
Nelle grandi sale foderate di legno scuro che odoravano perennemente di segatura umida, di tabacco stantio e di creolina, circolavano i volantini che chiamavano a uno sciopero generale , si commentava ‘Solidaridad Obrera’, almeno quando questa non era sospesa dal governatore della città e si scambiavano gli opuscoli dalle copertine dai colori vivaci delle ‘Novelle Ideal’ , dai testi edificanti e commoventi.
Qui si discuteva sulla risposte armata  da dare agli attacchi della ‘Libre’ o della ‘Patronal’ , e si cospirava clandestinamente , mentre nelle terrazze attigue del , ‘Concert Sevilla’’ , del ‘Paralelo’ o del ‘Rosales’, si dibatteva su tutto l’umano e il divino. Al ‘Gran Imperio ’ si trovano come d’abitudine gli uomini del ‘Metallo ’, che hanno messo in piedi alcuni dei gruppi d’azione più temuti di tutto l’anarcosindacalismo barcellonese. Un giorno i pistoleros della ‘Patronal’ fanno irruzione in massa nel locale e si mettono a sparare all’impazzata. Gli anarchici rispondono al fuoco, poi la sparatoria prosegue nella strada. Vengono ‘bruciati’ caricatori e caricatori e gli uomini di ‘Koenig’ fuggono verso l’ ‘Ensanche’. La polizia prontamente accorsa, conta più di duecento bossolo esplosi e incredibilmente, appena due uomini risultano feriti leggermente.
I padroni di questi caffè non si arricchivano certo con quei clienti con la mente incendiata dalle loro stesse idee, che il più delle volte si limitavano ad ordinare una tazza di caffè che lasciavano freddare noncuranti, impegnati come erano nella discussione. 
Al ‘cafè’ ‘ Espanol’ trovavano posto gli ‘acrata’ individualisti, i disertori internazionali che avevano passato i Pirenei per fuggire i macelli della Somme e di Verdun, o prostitute in cerca di un po’ di comprensione  e di calore umano. Al ‘Ciclista’ si riuniscono gli uomini del ‘Metal’ . Alla ‘Tranquilidad’, avevano ospitalità le ideologie più estremiste e si pianificavano le risposte più adeguate da dare alla Patronal. Si organizzava un’insurrezione armata , uno sciopero generale, si cercava un posto sicuro per un compagno finito sulla lista nera del ‘Barone’.
Il nome del caffè taverna non poteva essere più in contrasto con i suoi frequentatori, che discutevano fino al mattino, aspettando l’inevitabile irruzione della polizia che avveniva al mattino presto, assieme alla guazza  che portava la nebbia che alle prime luci dell’alba, si alzava dal mare .
L’ingresso della polizia alla ricerca degli ‘infrattori dell’ ordine pubblico’, come venivano chiamati con l’arido linguaggio dei questurini i ricercati, era un affare complicato.
Avveniva di solito con i poliziotti che entravano in massa nel caffè, i nervi a fior di pelle, i lineamenti del viso tesi dalla tensione, perché una sparatoria con quegli uomini che prendevano fuoco per niente, più che una possibilità , rischiava di essere quasi una certezza. Cosa questa che  beatifica e rendeva quantomeno inappropriato il nome del bar.
Dal 1919 al 1923 durante gli anni più duri del ‘pistolerismo’, quando la ‘ley de fuga’e le ‘pistole’ di Koenig e della ‘Patronal’ decimarono  i sindacalisti dell’ ‘Unico’ ,era frequente che tra i tavolini delle ‘Traqnquilidad’ cautamente ,ma neanche poi troppo, circolasse la richiesta di una ‘pipa’, che poi era una ‘Star’, la pistola per difendersi dagli assassini della ‘Libre’ e dai ‘killers’ di Martinez Anido.
Era possibile comprarla per 45 pesetas e in caso di bisogno immediato, noleggiarla per una ‘pesetas’ a settimana. Le ‘Star’ venivano da una praticamente inestinguibile scorta che l’esercito  francese  aveva ceduto a prezzo di realizzo alla fine della prima guerra mondiale. La ‘Star’, che tutti conoscevano come ‘La Sindacalista’ arrivava su camion da Andorra o nascosta nelle stive delle navi della tratta Marsiglia-Barcellona. Era una pistola semiautomatica a sette colpi, facile da nascondere, con poco rinculo, che non richiedeva manutenzione e che soprattutto non si inceppava mai.
In quegli anni non c’era praticamente uomo dei ‘Gruppi d’Azione’ o dei ‘Comitati di Difesa’ che non se la mettesse in tasca la mattina quando andava al lavoro, quando riscuoteva le quote sindacali o quando si doveva recare a una riunione. Tanto diffusa che addirittura era stata fatta entrare nelle strofe di una canzone.
La  ‘Browing’invece era l’arma preferita tra gli uomini della ‘Libre’ e le bande parapoliziesche coordinate tra di loro dalla ‘Capitania’ e dal capo della polizia Arleguì. Il poliziotto che ha inventato , la ‘ ley de fuga’. La fucilata vigliacca nella schiena dell’anarchico accusato sempre di ‘avere tentato la fuga’. Come risulta dai rapporti della polizia di Barcellona
Ed è sempre alla ‘Tranquilidad’ che , nel febbraio del 1923,Juan Garcia Oliver  davanti a un uditorio attento, parla  per la prima volta di ‘gimnasya revolucionaria’ e fonda  un comitato segreto assieme a Aurelio Fernandez e Ricardo Sanz, l’atletico valenciano che ha già cercato di far saltare per aria il treno su cui Primo de Rivera si recava da Saragozza a Madrid.
Sempre Garcia Oliver alla ‘Tranquilidad’ esibisce la bandiera rosso e nera dell’anarcosindacalismo spagnolo, che per la prima volta viene sventolata  in ‘Plaza de Catalunya’ il primo maggio del 1931 , durante il corteo che si è concluso come da prammatica con duri scontri che hanno fatto un morto tra i manifestanti e due tra la polizia.
 I fratelli Badia, tutti e due della ‘Libre’, alla ‘Tranquilidad’ ci vanno invece per mangiare enormi insalate di cipolle che accompagnano con boccali di vino rosso , la ‘Browing’ appoggiata sul tavolo a far vedere che loro tenevano i coglioni, e non avevano paura a mettersi seduti in un posto pericoloso come quello. Di loro si vocifera che hanno ‘sparato’ alcuni dei compagni più conosciuti, ed è per questo motivo che si arruoleranno nella polizia di Companys. Trovando così copertura e protezione. Cosa questa che non li salverà dalla rappresaglia. Infatti verranno tutti e due ammazzati da ‘pistole’ della FAI nell’aprile del 1936.
Il 19 luglio del 1936 alle sei del mattino di quella calda giornata, una colonna dell’esercito discendeva dal ‘Paralelo’ verso ‘Plaza de Espana’.
I soldati erano alcune centinaia e facevano parte di quella guarnigione di sedicimila uomini, comandata dal generale Goded che doveva occupare Barcellona. Gli ufficiali che comandavano quegli uomini erano tranquilli e sicuri, quasi rilassati. Erano fermamente convinti che in poche ore tutto sarebbe finito. Al rumore dei primi spari , quella turba di operai non organizzati e praticamente senza armi che in qualche modo li fronteggiavano,si sarebbero nascosti nelle loro tane. Erano certi che sarebbe andata a finire in quel modo.
E in effetti in poche ore tutto fu finito. Anche se in modo affatto diverso da quello che era stato loro assicurato dagli ufficiali superiori nel discorso che avevano tenuto nei cortili delle caserme.
Il problema per i soldati fu che gli operai non capivano nulla di strategie . Un po’ come il calabrone che non sa di non poter volare, e allora si alza in volo tranquillamente, gli operai non sapevano proprio di essere condannati alla sconfitta. Allora attaccarono in tutta quanta la città.
Taxi di piazza si buttarono a cento all’ora contro i nidi di mitragliatrice, gruppi di operai passarono dai pozzi della metropolitana e presero di rovescio i soldati. Le donne uscirono in massa dalle case e con i gesti e con la voce, fecero disertare centinaia di riservisti. Poi furono attaccate tutte quante le caserme, a cominciare dalle ‘Atarazanes’. In trentadue ore di combattimenti di strada, i militari furono completamente sconfitti.
Quella colonna scelta che doveva rappresentare la punta di lancia dei sedicimila soldati che avrebbero dovuto occupare Barcellona, fu fermata alla ‘Brecha de San Pablo’, cinquanta metri appena dal caffè della ‘Tranquilidad’.Oggi al suo posto, al  no 69 dell ‘Avenida del Paralelo’ , c’è un anonimo supermercato.

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