venerdì 15 aprile 2011

'L'UOMO DEI BOSCHI'
( Due versioni di una morte)

Sette agosto 1963. Da qualche parte dei Pirenei.

‘ Hasta manana o hasta la eternidad’
Frase con cui in KAOSENLARED si conclude un omaggio scritto in memoria del ‘Caraquemada’

PRIMA VERSIONE.

‘ Obbedendo a ordini superiori , il giorno 26 del corrente mese, nel luogo denominato ‘La Creu del Perellò’, all’incirca al tramonto del sole, lo scrivente si trovava in servizio di vigilanza con il fine di tentare la cattura dell’ignoto terrorista che il giorno 12 del mese in corso aveva fatto saltare un traliccio dell’alta tensione della linea di Rajadell.
Questo ‘appostamento’ era stato organizzato perché si riteneva che l’autore del sabotaggio, molto probabilmente, nella sua fuga verso la Francia, potesse passare attraverso il luogo di cui all’oggetto, in direzione della frontiera.
Lo scrivente faceva parte di un gruppo di tre militi, formato dallo stesso e dalle guardie Anadelio Adeva Sanz e Evangelista Fernandez Garcia, posizionati questi nella parte alta e a sinistra del sentiero.
Lo scrivente, tra le cinque e le sette del mattino del giorno stesso, udì il rumore di una persona che si avvicinava al punto dello stesso dove lui si trovava.
L’uomo camminava a passi molto lenti in direzione Suria- Balsareny e nonostante l’ora, lo scrivente poté osservare che detto individuo camminava, scrutando guardingo i margini del sentiero , portava sulle spalle un grosso zaino da montagna, e intanto teneva nella mano destra una rivoltella che risultava essere perfettamente distinguibile grazie al chiarore della luna che illuminava la radura attraverso la quale l’uomo stava transitando.
Malgrado fosse chiara la situazione di pericolo a cui lo scrivente risultava esposto, lo stesso adottò la precauzione dovuta, lasciando che il detto soggetto lo sorpassasse di quattro passi e a quel punto diede il comando regolamentare:
‘ Alto a la Guardia Civil ’.
La frase non poté essere terminata perché alla voce:
‘ Alto a la Guar…’, il terrorista iniziò a sparare con stupefacente rapidità, colpendo un sasso posto a meno di trenta centimetri dal dichiarante.
Per questo motivo e con rapidità il dichiarante rispose al fuoco con l’arma in dotazione. Vide che il sospettato era stato raggiunto dal secondo sparo ed era subito dopo caduto al suolo, rimanendo immobile, con le spalle appoggiate a un grande sasso che distava cinque metri da dove era posizionato lo scrivente.
Dopo pochi istanti e visto che l’individuo in questione non dava segno alcuno di vita, lo scrivente optò per inviare il suo ausiliario: Guardia Adeva Sanz alla fattoria  denominata ‘ Vilaiijana’ dove aveva sede il comando della Guardia'

Firmato (Firma illeggibile)


SECONDA VERSIONE.


In questo modo,con la tipica prosa del rapporto militare, e con una firma volutamente illeggibile,veniva comunicata l’uccisione di Ramon Vila Capdevila ‘El Caraquemada’, alias ‘Paso Largo’, alias ‘Capitano Raymond’, alias Ramon Laugì Pons, alias Maroto e probabilmente tante altre identità ancora.
Il realtà le cose andarono diversamente da come lo sconosciuto graduato della Guardia Civil aveva inteso comunicare con la fredda e regolamentare prosa burocratica.
Innanzitutto contro Ramon, che era stato segnalato dalla polizia confinaria della repubblica francese, era stata scatenata una caccia all’uomo che aveva impegnato più di duecento uomini della 231 Comandancia della Guardia Civil.
Non era stato dato nessun preavviso a quell’uomo di cinquantacinque anni che aveva passato gli ultimi ventiquattro anni della sua esistenza nella guerriglia.
Secondo l’esame autoptico fu sparato contro Ramon un colpo di fucile che penetrò nell’ascella sinistra e poi gli squarciò tutti e due i polmoni.
Nessuno gli si avvicinò dopo pochi secondi, come era stato scritto. Infatti il ‘Caraquemada’ fu colpito a mezzanotte e mezzo e morì alle sette del mattino, praticamente annegato nel suo stesso sangue.
Le Guardie Civil aspettarono che la flebile luce dell’alba gli illuminasse il viso e poi gli si avvicinarono a ventaglio, i fucili puntati, perché Ramon faceva paura anche dopo morto.
L’unica foto che fu presa di lui , lo mostra  con la schiena appoggiata a un masso di granito. Ramon veste i panni pesanti e i grossi scarponi di chi è abituato a dormire all’aperto, in montagna, dove anche d’estate, di notte fa freddo, ha una pistola Luger, sicura preda di guerra a qualche ufficiale nazista, legata al polso destro da una cordicella, che giace abbandonata sul terreno. ‘El Caraquemada’ ha la bocca semiaperta, di chi se ne è ‘andato’ poco a poco. Ma non c’è nessuna espressione di terrore o di sorpresa sul suo viso.
Quando la notizia della morte di Ramon fu portata in tutti i paesi della Comarca di Berguedà, in molti si rifiutarono di credere che ‘El Caraquemada’ fosse stato effettivamente ucciso.
I pastori, i taglialegna e i contadini che vivevano nelle valli pirenaiche, che per tanti anni lui aveva ‘corso’, quando si incontravano nelle povere osterie dei paesi a mezzacosta, si sussurravano complici:
‘ Vedrete, un giorno o l’altro arriverà il Maroto a sbugiardare questi impostori ’.
Ripetevano le stesse frasi che al Barrio Chino o nei caffè dell’angiporto, erano state pronunciate anni prima, quando erano stati ammazzati il ‘Quico’ e Facerias.
Purtroppo anche loro si dovettero ricredere, il Caraquemada era stato ucciso per davvero. Allora per ricordarlo, qualcuno rimasto sempre sconosciuto, compose una canzoncina che diceva:
‘ El Maroto és mort
  l’han matat les caderneres’
Ramon Vila Capdevila, quell’uomo che viveva di nulla, alto e robusto che amava la solitudine e le montagne, anche lui come il ‘Quico’ fu interrato nella nuda terra, fuori dal camposanto di Sallent. Nel posto riservato agli atei, agli apostati e a tutti i nemici della vera fede, senza segnale alcuno che potesse indicare dove lui fosse stato sepolto.
Sebbene si possa essere certi che a lui non sarebbe importato per niente, il prete del ‘pueblo’ gli negò qualsiasi cerimonia religiosa, benedizione compresa.
Ironia della sorte, quando il cimitero venne ingrandito, i resti di Ramon rimasero all’interno delle mura benedette.
Poi sulla stessa vita del  Capdevila, come del resto su tutte quelle degli uomini del ‘maquis’, fu calata una coltre di silenzio.
Nessuno pareva ricordarsi di quell’uomo esperto di esplosivi che era stato uno dei più spericolati combattenti della resistenza in Francia, tanto da meritarsi per le sue azioni, la Legion d’Honneur, che lui antimilitarista convinto, subito aveva rifiutato.
Nessuno rammentava che lui era stato il migliore tra i tanti ‘passeur’ che aveva varcato i Pirenei, e che aveva portato personalmente in salvo, attraverso quelle montagne che tanto bene conosceva , centinaia di uomini e di donne: intere famiglie di ebrei , piloti inglesi fuggiti dagli Stalag di Vichy, ‘resistenti’ ricercati dalla Gestapo.
Nessuno scriveva di quando aveva fatto la guida per i gruppi da combattimento del ‘Quico’ , di Facerias, di Marcelino Massana come di Liberto Sarrau.
Le sue avventure venivano sussurrate cautamente di sera, alla fioca luce di una lampadina, da quegli uomini ormai diventati vecchi, che erano stati tanto giovani al tempo della Repubblica e della Rivoluzione.
Ma a volte la storia si ostina proprio a non morire. Il 7 ottobre del 1978, più di duemila tra uomini e donne, vecchie sopravvissuti a tutte le battaglie e alle repressioni, e giovani sindacalisti, si diedero appuntamento a Sallent per rendere omaggio alla memoria del ‘Caraquemada’.
Malgrado fossero passati più di quindici anni dalla sua morte, il governatore della Comarca negò l’autorizzazione allo svolgimento della cerimonia e la Guardia Civil , da parte sua, occupò in massa il ‘pueblo’.
Sembra impossibile, ma anche dopo quindici anni, il ‘Caraquemada’ faceva ancora paura.
I suoi amici che erano ritornati da quell’eterno esilio che li aveva intristiti nell’anima, e fatto diventare bianchi i capelli, ma anche i tanti giovani lì convenuti non se ne diedero per inteso e murarono al cimitero una lapide che lo ricorda.
Un compagno pronunciò un breve discorso che finiva con la frase: ‘Ramon, che la terra ti sia lieve’.
Poi, ancorarono là nella radura dove il ‘Caraquemada’ era stato ucciso una placca di vetro, con il suo nome e la data della sua morte.
Il vento d’inverno che scende dalla sierra, sembra quasi farla cantare. Al ‘Maroto’ sarebbe piaciuta.

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